Roma, 18.4.2009


alla Preside, Facoltà di Lettere e Filosofia

p.c.

al Magnifico Rettore, Università Roma Tre

al Direttore Amministrativo, Università Roma Tre

al Presidente, Collegio Didattico Lingue e Linguistica
al Coordinatore per l'orientamento, Università Roma Tre


Cara Preside,


Ricevo il tuo documento sulle “Norme comuni” da rispettare, in cui precisi che "per l'A.A. 2009-2010 non è possibile effettuare cambiamenti nell'Ordinamento didattico." Ne capisco i motivi e mi congratulo con gli estensori del documento: promette cambiamenti futuri sicuramente positivi.


Tuttavia rilevo che le necessità di cui parla il documento ti costringono a venir meno alla promessa fatta lo scorso settembre, sia ai rappresentanti degli studenti (http://tinyurl.com/cvljpy), sia a me personalmente. Per correttezza ti informo dunque che intendo riprendere la mia attività di informazione ai giovani neo-diplomati di Roma riguardo l'offerta in Lingue Straniere nella capitale.


I giovani devono sapere, in modo da poter scegliere l'Ateneo che meglio corrisponde alle proprie aspirazioni, che Roma Tre offre alcuni tra i migliori insegnamenti di linguistica teorica e descrittiva di tutta l'Italia – costituiscono un punto di eccellenza di cui l'Ateneo va giustamente fiero – ma, allo stesso tempo, obbliga gli studenti di lingue a seguire questi corsi per un numero di crediti sproporzionato. Il risultato, che denuncio da anni, è che i nostri laureati non sanno bene le loro lingue di specializzazione e non riescono ad agire efficacemente in contesti internazionali.


In altre parole, i neo-diplomati del bacino romano devono sapere che, se vogliono studiare a fondo i sistemi linguistici in generale su un piano teorico-descrittivo, a scapito dello studio concreto delle lingue sul piano espressivo, allora Roma Tre ha il corso di laurea che cercano. Se invece vogliono padroneggiare espressivamente le lingue da loro scelte, studiandole per un numero di crediti superiore all'offerta di Roma Tre, allora altri Atenei hanno lauree più rispondenti alle loro esigenze: ad es., http://tinyurl.com/rm1-ling (doc. studenti) e http://tinyurl.com/rm1-mlc (doc. ufficiale).


QUESTO NON E' PARLAR MALE DI ROMA TRE. È dire ciò che offre. È garantire la trasparenza dell'orientamento. Il Direttore Amministrativo invece mi ha pregato lo scorso settembre – come anche tu hai fatto – di cessare la mia campagna d'informazione per timore che potesse “causare una perdita di iscrizioni”. Gli ho risposto che non bisogna attirare studenti lasciando intendere loro di offrire ciò che non si offre: sarebbe imbonimento, non orientamento. Egli mi ha promesso allora, così come mi hai promesso tu, di sollecitare il mio Collegio Didattico a ritoccare, sin da quest'anno, la distribuzione dei crediti (tra corsi di Lingua e corsi di Linguistica) per rinforzare l'offerta Lingua. Andrebbe conservato così com'è, naturalmente, il filone Linguistica per quegli studenti che LIBERAMENTE scelgono di seguirlo – anche incoraggiati da opportune incentivazioni.


Infatti, il filone Linguistica rappresenta un punto di eccellenza che va tutelato, seppure NON trami­te lo strumento della distribuzione dei crediti, e in questa prospettiva avevo chiesto sia al Direttore Amministrativo sia a te se era possibile studiare un meccanismo per proteggere questo filone nel caso di un calo di studenti. Non mi risulta che un meccanismo idoneo sia stato trovato, però. Anzi, il tuo documento “Norme Comuni” proclama che tutto rimarrà congelato per altri due anni, per consolidare i programmi attuali e per avviare un'indagine sui fabbisogni reali degli studenti.


Ben venga l'indagine. Ma io non attendo più. Sono quarant'anni che produco indagini scrupolose, puntualmente ignorate, sui fabbisogni reali degli studenti di Lingue. I responsabili conoscono benissimo la mia documentazione (basata su un terzo degli studenti di lingue, quindi attendibile come campione) che dimostra che gli abbandoni – le "morti bianche" accademiche – a Lingue sono dovuti anzitutto all'obbligatorietà degli insegnamenti di linguistica teorico-descrittiva per un numero sproporzionato di crediti. L'indagine prospettata non può che confermare questo dato.


Ne ho ricevuto un'ulteriore conferma in questi giorni. Ricopro questo semestre, per la prima volta, l'insegnamento della lingua inglese per la laurea magistrale 44/S (secondo anno). Si tratta dunque del punto di arrivo di cinque (5) studenti che, durante il triennio, hanno studiato inglese come prima lingua nel curriculum Lingue e Linguistica e poi, nella specialistica, le Scienze del Linguaggio con inglese come materia caratterizzante. Rappresentano cioè il prodotto finale di una compiuta formazione teorico-descrittiva in lingue. All'inizio del corso ho fatto fare a loro il test Dialang (UE).


I risultati sono stati catastrofici: tutti e cinque gli studenti hanno segnato un livello di competenza in inglese poco superiore a – e in certe aree INFERIORE a – quello che avevano cinque anni prima (B1) quando sono arrivati a Roma Tre dai loro licei linguistici o altri. Eppure hanno seguito assi­duamente i programmi prescritti, con ottimo profitto. Purtroppo, per via dell'insufficiente numero di ore d'insegnamento delle lingue previsto nei programi, non solo non hanno migliorato la loro com­petenza di partenza in inglese, ma sono persino retrocessi in certe competenze. Segnalo che la maggior parte di loro dichiara di voler diventare insegnante di lingue nella Scuola.


Eppure questi specializzandi sono studenti intelligenti, attenti, creativi: quando, nel breve corso avuto con me a marzo, hanno finalmente potuto studiare l'inglese come lingua viva, hanno com­piuto passi da giganti: v. le loro ricerche sul campo, i loro adattamenti culturali di un comunica­to stampa in lingua, ecc. (v. http://tinyurl.com/rm3-ls2). Con ciò hanno dimostrato quello che da sempre constato negli studenti del Triennio: l'Italia butta via le enorme risorse intellettive dei suoi giovani, imponendo loro programmi di studio che soddisfano le lobby professorali, ma che non sod­disfano i reali bisogni ed interessi di chi deve imparare. Come conseguenza, 2 studenti su 3 abban­donano: morti bianche, sacrificate per poter mandare avanti un'elite. E con quali risultati, almeno a Lingue? Quali competenze ha questa elite nella materia in cui si laurea e poi, durante la speciali­stica, si perfeziona? L'abbiamo appena visto. Eppure, con un diverso programma di stu­dio, questi stessi specializzandi, così capaci, sarebbero oggi padroni assoluti delle lingue da loro studiate.


Come si fa a frustrare così la voglia di studiare dei giovani?! Come può un paese sciupare così il suo patrimonio d'intelligenze?! Come pensa l'Italia di farsi valere davvero sulla piazza globale, se lascia decidere gli indirizzi formativi dei suoi mediatori in lingue alle lobby professorali create per difendere invece le discipline ancillari: le letterature in uno dei due CdL e le linguistiche nell'altro?!


Mi si risponderà che l'esempio che ho dato riguarda una laurea specialistica ormai soppiantata da altre due. Ma il principio che illustra rimane fermo: anche nelle nuove lauree specialistiche – e nel curriculum Lingue e Linguistica della laurea triennale – permane l'insufficiente numero di crediti di lingue. I risultati, dunque, non potranno che essere simili. Certo, tra due anni sarà possibile cambiare gli ordinamenti per valorizzare le lingue; ma gli effetti si sentiranno solo tra 4 o 5 anni.

Mi sembra chiaro, dunque, che nel medio termine lo studente che si iscrive a Lingue a Roma Tre non potrà sperare d'imparare bene le lingue. In compenso potrà imparare – e bene – a descrivere sistemi linguistici o a commentare (in italiano) le letterature straniere. Inoltre, troverà a Roma Tre un'università molto ben gestita amministrativamente – pochi atenei sono altrettanto efficienti.


Che ironia, però, che una macchina così ben rifinita serva, nei fatti, a mortificare le capacità di chi l'utilizza (cioè, gli studenti, nel caso di Lingue) e a realizzare prodotti finali così poco rispondenti alle necessità della società! È davvero impossibile, per altri due anni ancora, porvi rimedio?


Con ossequio.


Patrick Boylan

<boylan@uniroma3.it>