SSIS LAZIO - AREA 2 - PROVE FINALI, II^ SEMESTRE - GIUGNO 2001


Glottodidattica II -- Patrick Boylan
Commenti sugli elaborati fine corso

L'elaborato consiste in una attività didattica, adeguatamente motivata sul piano glottodidattico, da mettere eventual-mente su questo sito.  Lunghezza: 750 parole o più.  L'attività mirerà a soddisfare i bisogni conoscitivi più salienti (ipot-izzati o, meglio, realmente indagati) del gruppo di allievi descritti nell'elaborato per Didattica delle Lingue Settoriali, oppure di un altro gruppo ben individuato.  I compiti migliori mostreranno una approfondita comprensione della nozione di bisogni consocitivi, della nozione di comunicazione linguistica e della metodologia comunicativo-culturale.
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Il voto comprende il punteggio in più per chi ha scritto in inglese o in francese:

0 = inglese/francese comprensibile ma con numerosi sviste e/o con ricalchi dall'italiana (lessicali, fraseologici, discorsivi) che rendono difficle la lettura;
1 = inglese/francese sostanzialmente corretto (poche sviste/ricalchi) ma stentato (senza stile o grazia, perché frutto di un lavoro quasi interamente cerebrale);
2=inglese/francese sciolto; c'è qualche svista e/o ricalco, ma si ha l'impressione che l'autore sente le affinità tra le parole che usa e si è calato in uno stile consono con la situazione e con il suo destinatario; risulta dunque convincente;
3=sembra scritto da un nativo parlante: ci possono essere errori, ma solo quelli che farebbe un nativo parlante nella situazione  presente (tema universitario).

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PROGETTI CONSEGNATI PRIMA DELLE VACANZE


Specializzandi in inglese


1        A. ANNA MARIA         XX        Attività: "Merenda-incontro" con gli ospiti della American Academy in Rome al Granicolo (soggiorno di artisti, architetti USA). Preparazione: "trame associative" sui preconcetti dell'America. Idem sull'Italia.  Ottimo il lavoro sull'Italia: la comprensione interculturale richiede il distanziarsi dalla propria cultura. Scollegato però il lavoro successivo: domande da porre agli americani. Tutte banali. Dovevi partire dalle trame (ad es., importanza relativa passato-presente in Italia, futuro in America) per arrivare a domande come "Who are your models in painting, sculpting" "Do you approve of eliminating old buildings to make new buildings?" etc. Le risposte: non appuntarle, registrarle! Compito a casa: trascrivere il tutto, a turni. (Assai meglio di un dettato perché è lingua viva, con "errori" tipici). Il Report finale va bene. La parte più debole: la preparazione, che è poco sistematica. In futuro usare schede di apprendimento, integrati nel progetto (esempio: come interrompere in inglese… esercizi in piccoli gruppi). Ultima osservazione: la prima parte del tuo elaborato sembra una raccolta di appunti presi durante le mie lezioni: grazie, ma tu dove sei?



2 §        B.  ELISABETTA         XX        Attività: Discussione sulla Pena di Morte (esecuzione di McVeigh) dopo la visione di Dead Man Walking e dopo interviste sull'argomento fatte a turisti americani. Buon idea ma per esaltare il valore interculturale, fa difendere da ogni gruppo d'allievi la posizione maggioritaria italiana un giorno e, un altro giorno, quella americana. Perché? Perché per risultare convincenti, gli alunni dovranno convincersi, almeno per gioco, della bontà dei motivi di ciascun campo. Solo così coglieranno la motivazione esistenziale non confessata di (ad esempio) gli americani favorevoli (cioè la visione calvinista che si cela dietro i ragionamenti "logici"). Perché cultura non è un ragionamento bensì un voler imporre una certa visione esistenziale sui fenomeni. Il tuo lavoro invece è troppo di testa. A parte questo, le altre premesse metodologiche sono ineccepibili. Target non ben definita, però: "V classe" e basta. Attenzione: se non evochi allievi reali, finisci insegnando ad una proiezioni di te stessa. Svolgimento spesso irrealistico: "Esprimere in inglese le sensazioni provate" è un compito arduo se mancano schede preparativi (routines d'interruzione, parole chiavi raggruppati in una mappa dei sentimenti, ecc.). Cioè manca un input linguistico-culturale sistematico (accanto all'input non sistematico di Internet, del film, delle interviste). Buona articolazione dei lavori preparativi su 5 giorni (5? non basteranno). In inglese avresti avuto un 30.


3        C. MONALIA

4 §        C.  MONICA        XX Attività: Visita ad un pub per osservare i modi di starci degli inglesi -- eventualmente, tentativi di integrazione. (Attività di ricerca "etnografica") Emanuela Mancuso ha fatto un lavoro simile; tu hai maggiore documentazione, lei ha sviluppato più dettagliatamente le tappe didattiche da percorrere: consultare il suo lavoro. Eccellente il tuo lavoro preliminare: chiarire le regole d'etichetta inglesi, dal momento che una lingua è un comportamento globale (non solo un sistema di segni). Buon'idea pure insegnare agli allievi di apprezzare i passatempo abituali (dardi, crossword puzzles e hai scordato… bere!) per darsi un contegno di naturalezza, come gli etologi, mentre osservano la fauna. Prendere gusto ai crossword puzzles (quelli difficili all'inglese) non sarà compito facile in una cultura dove il 70% della popolazione non legge nemmeno il giornale: auguri. Trascuri però la preparazione attiva delle competenze espressive: mancano schede per chiedere qualcosa (un fiammifero, il giornale…), per interrompere, ecc. – insomma, smalltalk. La visita andrebbe fatta alla fine della prima parte, anche ripetendola alla fine della seconda. L'immedesimazione è ottima ma non abbiamo discusso le tecniche per attuarla: vanno specificate. Comunque buon primo tentativo di lesson plan. P.S. Commovente la tua confessione, davanti al compito di scrivere su un argomento su cui non sai nulla (il nuovo metodo comunicativo-culturale), di sentirti come una che "sta per fare bridge-jumping senza fune". Aggiungi: "quello di cui ho urgentemente bisogno invece è di acquisire io per prima una competenza comunicativa interculturale, perché credo profondamente che non si possa insegnare ciò che non si conosce." Non sono d'accordo, però. Sigmund Freud ha fondato la scuola di psicoanalisi inventandola di giorno in giorno mentre formava i seguaci. Maria Montessori formava maestre per la prima Casa dei Bambini mentre cercava il suo principio fondante (che divenne poi "l'educazione alla libertà"). Insomma se ti poni non come prof ma come ricercatrice insieme ai tuoi studenti (che ti daranno la chiave che cerchi, se li ascolti bene), non devi sapere tutto in partenza, devi solo voler cercare onestamente. Anzi, i tuoi allievi ti rispetteranno di più così.



5         C.  MARILENA         XX        Attività: Usando l'e-mail (o il chat), corrispondere con studenti anglofoni esternando stereotipi e pregiudizi sulla loro cultura altra e discutendo gli stereotipi e pregiudizi con cui essi giudicano la cultura italiana. Interessante lavoro, che viene svolto anche nei training interculturali per managers. Tuttavia è solo cognitivo e non porta,. come asserisci, ad "introiettare i valori sociali e culturali dell'altro". Vedi al riguardo i commenti sull'elaborato successivo (Maria Conti). In quanto al valore didattico dell'e-mail, condivido gran parte delle affermazioni fatte ma contesto il paragone col parlato: l'e-mail è tutt'al più parlato-scritto, non parlato-parlato, secondo la distinzione di Nencioni. E nemmeno: il vero parlato-scritto, che Nencioni non poteva conoscere all'epoca, sarebbe il chat. L'e-mail è dunque lontano dal parlato reale quanto lo sono i dialoghi "parlati" in un romanzo, cioè molto lontano. Chi sa scrivere e-mail discorsivi, anche rapidamente, può non saper sostenere una conversazione. Quindi lavorare con l'e-mail non esonera da una didattica fondata in PRIMO luogo sul parlato (usando non il PC, almeno quello muto, bensì audio registrazioni, film, visite all'esterno, canzoni e video clips, simulazioni, interviste di visitatori in classe, recite, scambi di videocassette con scuole gemellate, ecc.). Riconosciuti questi due limiti (non indifferenti), il presente lavoro risulta comunque molto ben impostato, creativo, divertente ed assai educativo. Ad esempio la scelta di corrispondere con giovani dal paese più odiato (cioè più bersagliato da stereotipi negativi) è proprio geniale.



6        C. MARIA         XX        Attività: Documentarsi sulla musica gospel ed assistere ad un concerto gospel, Onesta lezione comunicativa ma non comunicativo-culturale: infatti, discutere un articolo sulla musica Gospel non facilita di per sé l'immedesimazione nel mondo dei negri americani, come viene asserito, poiché la discussione di un testo è un'attività puramente cognitiva. Bisognerebbe invece lavorare sul piano affettivo e su quello volitivo. Lo stesso per le altre attivià: l'intervista dei cantanti all'occasione del concerto, l'osservazione del NVC, ecc. sono tute attività cognitive. Gli allievi possono svolgerle benissimo rimanendo arroccati nel loro essere italiani. (Naturalmente hanno ogni diritto di "arroccarsi" se vogliono. Solo che, se lo fanno, non assimileranno la mentalità gospel o i modi di esprimersi dei canti, sapranno solo che queste cose esistono. E questo fatto, loro devono almeno riconoscerlo – anche te, come la loro insegnante. Poi ognuno è libero di fare come crede.). La cosa più sorprendente è che non prevedi l'attività più ovvia per entrare nel mondo dei gospel: cantarli. Soprattutto cantare guardando il film Sister Act per imitare anche i movimenti. C'è, è vero, l'attività di scrittura di versi gospel usando un foglio prompt come quello da noi usato in classe per scrivere una canzone country. Questo lavoro potrebbe sì essere un momento di immedesimazione SE gli allievi si mettessero a scrivere i versi dopo aver cantato guardando il film, dopo aver formulato i valori esistenziali dei neri d'america e dopo aver aderito (almeno per gioco) ad essi – in somma, dopo essersi lasciati toccare dallo spirito gospel. Ma queste poche precisazioni non sono state fornite, l'attività di composizione viene menzionata ma il lavoro a monte non. Quindi chi legge l'elaborato (poniamo un insegnante viaggiando in Internet, se il presente lavoro dovesse finire in rete) non sarebbe in grado di impostare correttamente il lavoro nella sua classe. Come vedi, non è bastato riproporre qui la lezione che abbiamo fatto in aula, perché quella lezione era monca (avevamo solo mezz'ora: ho potuto accennare ai lavori a monte ma non farli). Ecco perciò un caso in cui copiare scrupolosamente il modello del prof non basta per soddisfare il prof. Che mondo!!



7        D. LIDA


§        D.   FIORELLA         XX        Attività: Creare una rete di amicizie "globale" con Internet (e-mail), nella prospettiva di andare all'estero a trovare i corrispondenti o ad offrire loro ospitalità qui. Buon progetto, molto gettonato dagli altri corsisti ma la sua è la presentazione più organica.quindi la metto in rete. Critica: nella discussione metodologica, scrivi che "insegnare una presenza culturale è più importante che insegnare la grammatica". Per favore! Non è così. Questo è stato il fraintendimento dell'approccio comunicativo, non ripetiamolo! Le due cose non sono in opposizione, vanno insieme. Non puoi parlare l'inglese in modo culturalmente autentico se quello che dici non è anche pragmaticamente appropriato e linguisticamente corretto (o perlomeno altrettanto corretto quanto l'inglese della persona con cui conversi).   In compenso, non è vero il contrario: puoi parlare in modo grammaticale senza parlare in modo appropriato e autentico. I metodi tradizionali partivano dalla grammatica per arrivare all'espressione autentica -- e non sempre ci arrivavano. Oggi diciamo che bisogna insegnare una presenza culturale autentica, non per dimenticare la grammatica, ma perché questa nozione ingloba tutto il resto e mette l'importanza della grammatica nella giusta prospettiva.  Non è il fondamento (la forma mentis culturale è il fondamento) e non è ciò a cui bisogna badare in primo luogo (bisogna curare in primo luogo la formulazione di un intento comunicativo autentico): la grammatica è soltnato l'inserviente che sistema il tentativo di realizzare la parte verbale di un intento comunicativo.  Ma questo non vuol dire che non ha importanza.  Un'altra cosa. Sii consapevole che hai delle responsabilità morali e anche legali: i tuo allievi hanno 11/14 anni; per quanto antipatico, ti devi prestare dunque ad un lavoro di sorveglianza; la cosa migliore è di rendere partecipi i genitori sin dall'inizio (intanto, sono loro che dovranno offrire l'ospitalità) e di salvare in un file-archivio tutta la corrispondenza in entrata. Voto 28 + 2 per l'inglese = 30



§        D.  PAOLA         XX        Attività: La lettura (o meglio la visione al teatro o in videocassetta) di un'opera letteraria contemporanea: Osborne, Beckett…, con successiva messa in scena da parte della classe e poi improvvisazione alla maniera della commedia dell'arte.  Dispiace dirlo ma questa attività è del tutto tradizionale – tranne per l'ultima fase. Le fasi "Analisi del testo" e "Recita" (il 99% del tempo), invece, non sono né comunicativo né culturale secondo le nostre definizioni. La fase "commedia dell'arte" è da considerarsi comunicativa (e faccio notare che vale come esercitazione, non c'è apprendimento di nuovi elementi linguistici come nelle attività comunicative del tipo "intervista ai turisti"); potrebbe essere anche culturale se ci fosse realmente l'immedesimazione nei personaggi di, poniamo, Miller. Ma ciò non può avvenire.

L'immedesimazione non puà avvenire perché non è possibile avere una sufficiente conoscenza del personaggio partendo da un'Analisi critica del testo come proponi tu.  Bisognerebbe invece ricostruire anzitutto il linguaggio dei personaggi rispetto alla loro epoca -- ma  questo non lo prevedi ne puoi prevederlo nei limiti di tempo a disposizione. Per esempio, se un personaggio di Miller dice "Christ!", bisogna sentire (e, da attore, dire) la parola come imprecazione volgare ("Cazzo!"), perché così veniva sentita nell'America di mezzo secolo fa. Se un personaggio di Pinter dice "Christ!", bisogna sentirlo come una imprecazione di tono (quasi  "Santo Cristo!"), perché così veniva sentita nell'Inghilterra di mezzo secolo fa. E non bisogna scambiare un "Christ" per l'altro, pena dare un colore sbagliato al personaggio. Ma perché l'allievo possa cogliere la forza e le risonanze delle parole, non basta l'analisi critica delle tematiche del testo (quello che tu proponi). Anzi, la corretta analisi del testo di Miller o di Pinter, da parte dell'allievo, dipende anche dalla corretta percezione dei personaggi e quindi dipende dalla corretta reazione dell'allievo ad una parola come "Christ". Se l'allievo reagisce in maniera sbagliata (se la parola colpisce l'allievo, poniamo, come se fosse l'esclamazione italiana "Cristo!), allora egli non coglie bene il personaggio e produce un'analisi del testo sbagliata.

Non sto imputando una colpa a te.  Sto descrivendo quello che, da anni, vedo succedere all'università come a scuola.  In assenza di un lavoro accurato di ricostituzione del linguaggio dei personaggi di (ponimao) Pinter, gli studenti tendono ad usare le parole inglesi con intenti italiani e poi si convincono di aver capito il testo.  Se lo recitano, esternano una pseudo-realtà inglese. Questo non è cultura. Non è nemmeno comunicazione se, come è facile prevedere tranne per i migliori della classe, i veri messaggi delle battute passano al di sopra la testa di chi le dice. Un metodo veramente comunicativo insegna all'allievo di associare forme (foniche, grafemiche, gestuali…) a intenti espressivi realmenti sentiti e voluti. Nel caso ipotizzato, quello che l'allievo sente, non dice; quello che dice, non sente.  Tranne, ripeto, per i migliori della classe.

Ma tu, docente, non devi insegnare ai migliori della classe e basta. Il tuo compito è di insegnare a tutti.  Ciò vuol dire alzare il livello degli allievi con più difficoltà (senza trascurare i bisogni di crescita dei migliori -- anzi, dando a quest'ultimi la possibilità di affinare le loro doti nel contempo). Ma con il lavoro che tu proponi, insegni ad una parte della classe soltanto.  Invece insegneresti a tutti facendo creare testi agli allievi (garanzia che intento e forma sono tutt'uno; la raffinatezza dei testi dipenderà delle capacità di ognuno – vedi il progetto di Alessandra Giannitelli) oppure facendo leggere testi che parlano loro del loro mondo (vedi il progetto di Vanessa Serangeli) oppure facendo fare agli allievi un'indagine sul campo nella comunità anglosassone a Roma (per appurare sperimentalmente il senso delle parole, ognuno indagando le aree di maggiore interesse – vedi il lavoro di Diana Ferrigni). Così, dicevo, daresti la possibilità a tutti di perfezionarsi, ognuno secondo le proprie capacità.

Quindi ti sei imbattuto nel dilemma dell'impossibilità d'insegnare a recitare un testo letterario in inglese se gli allievi non hanno una buona conoscenza del linguaggio usato (al punto di poter cogliere la risonanza delle parole usate), ma di non poter insegnare il linguaggio usato perché esiste solo nel testo.  E' il dilemma di chi studia le lingue morte. Come fai ad attribuire un senso ad una parola di Sanscrito quando non puoi sperimentare i significati in contesti interattivi reali, come puoi fare con l'inglese contemporaneo? La risposta ce lo dà la filologia: un lavoro paziente di anni per ricostruire la società e le usanze, le credenze e le tabù, i valori esistenziali – insomma la cultura, nella quale le parole assumano un significato – e, nel contempo, un lavoro ugualmente paziente di anni nel confrontare comparativamente le parole per risalire a (ad esempio) gli archetipi.

Questo lavoro i tuoi studenti non lo possono fare nel tempo a disposizione e con il poco interesse che un lavoro del genere susciterebbe.  E si capisce il poco interesse: stanno studiando una lingua viva e non la vogliono studiare come se fosse una lingua morta!  Allora facciamo loro usare la vita come contenitore in cui possono esaminare determinati fenomeni espressivi e sperimentare interattivamente con essi per capirli. Ci metteranno molto meno tempo rispetto ad un'indagine filologico e prenderanno molto meno cantonate dei filologi (non per colpa di quest'ultimi ma per le condizioni in cui devono lavorare). Con le lingue vive devi andare dalla vita ai testi, non dai testi alla vita.

Naturalmente, potresti evitare il problema del linguaggio leggendo i testi in una buona traduzione (allora, la responsabilità di far sentire il valore giusto di "Christ!" è del traduttore). Ma leggere in italiano testi di letteratura straniera, per quanto bello sia come attività, appartiene ad un corso di cultura generale. Se lo fai tu, addio corso di lingua.

Esiste una seconda scappatoia, per girare il dilemma linguaggio/testo: è quella usata all'università . Forse è la scappatoia che intendi usare anche tu (non lo dici)  Qual'é?  La spiegazione ex cathedra.

I tuoi allievi non sono forse in grado di cogliere le risonanze delle parole e quindi il senso del testo?  No problem.  Non devono far altro che ascoltare le TUE interpretazioni di entrambi le cose (TU dirai loro che "Christ" è volgare o aristocratico e, dunque, come considerare il personaggio). Ma così i tuoi allievi imparano, non a cercare e a ricostruire significati, ma semplicemente ad accettare l'imposizione di significati da parte di una Autorità. Non imparano a sperimentare e convalidare significati -- come fanno quando usano la lingua viva in situazioni reali e falliscono o riescono a seconda delle ipotesi che fanno (vedi le attività qui del tipo indagine al pub, ricerche tramite chat, ecc.).  Imparano a fare gli ossequiosi notai che segnano doverosamente le verità trasmesse dal professore.

Non trovo molto educativa questa pratica. O meglio, la trovo assai educativa -- educa i futuri diplomati senza idee in testa (ma con tante nozioni in testa, quelle sì) e senza la capacità di sperimentare le loro idee per trovare la verità delle cose – possono solo seguire ordini.  E, come ben sai, è proprio questo ciò che la scuola tradizionale vuole.

In conclusione, il tuo lavoro non fa altro che confermare l'inutilità (e anche la dannosità) della tradizione storico-letteraria ai fini della formazione degli alunni – è inutile alla loro formazione in lingua, perché insegna loro a barare, dicendo parole che in realtà non capiscono. E' dannoso perché, con l'ipocrita pretesa di formare persone critiche, fa proprio l'opposto.

Stenti a credere? Sembra inutile polemica?  Ti faccio notare che alla Sorbona – e lo so per esperienza personale – prima di farti leggere testi di antico francese, ti fanno imparare l'antico francese (devi persino saper comporre in antico francese). Solo allora diventa possibile, dicono, leggere i testi antichi senza rimetterti ciecamente e burocraticamente alle Verità Trasmesse dai critici (riesci ad inquadrare il discorso dei critici perché hai, appunto, un quadro di riferimento tuo) e senza proiettare indebitamente sensi moderni su testi antichi. Ma lo stesso discorso vale per un Osborne, distante dai ragazzi italiani di oggi, se non quanto Chaucer, comunque sufficientemente per richiedere una accurata ricostruzione del suo linguaggio prima di pretendere di capire i suoi testi.

In conclusione, la regola d'oro – a mio avviso – è una sola. Dare ai tuoi allievi, da assaporare e rimuginare, l'espressione linguistica più densa e più pregnante e più pregevole immaginabile – ma solo tra quelle alla loro portata linguistico-culturale. E se, visto il loro livello linguistico-culturale, non c'è altro che i testi di un cantautore, comincia con quelli per approdare, con pazienza filologica, ad autori che dicono di più.   E i "programmi ministeriali"?  Basta chiedere la sperimentazione e stabilire i tuoi programmi tu.  Se tiri fuori subito Osborne o Beckett in lingua, non insegni cultura.  Dovendo spiegare benevolmente tu ciò che i tuoi allievi non sono in grado di sentire, insegni servilismo culturale e basta. (Ti consiglio di leggere in merito qualche testo sul costruttivismo. E anche quello che Gramsci, all'estero considerato il più grande pensatore italiano dell'ultimo secolo, dice sulla formazione degli intellettuali in Italia.) Voto 18 + 2 per l'inglese = 20.



10        F. BARBARA         XX        Attività: Analizzare stereotipi culturali americani/italiani attraverso il commento di immagini. (Esempi di immagini: pizza - hamburger; calciatore - giocatore di baseball; Torre di Pisa - Statua della Libertà). In positivo: 1. Gli allievi, non l'insegnante, devono trovare le immagini; quindi già essi si chiedono "Cosa vuol dire essere X". 2. Analizzano anche la cultura italiana: la comprensione interculturale, infatti, richiede il distanziarsi dalle proprie radici. 3. Le interazioni per ritagliare ed incollare immagini sono in inglese con etichette fonetiche sugli oggetti (come in Cent'anni di solitudine di Marquez). Bene. Ma il resto è tutto negativo. L'attività si riduce a delle discussioni di idee in italiano (con un avvio alle routines espositivi in inglese usando prompt sheets, l'attività sarebbe valsa assai di più). E' quindi una lezione di Culture Comparate, non di Lingua Inglese (le due cose vanno abbinate). Anche una lezione in italiano di Culture Comparate può, come introduzione, andar bene; ma qui, l'attività non porta gli allievi ad avvicinarsi davvero alla cultura altrui: imparano ad ingabbiarla in ragionamenti, non ad introiettarla per caprirla dal di dentro. L'analisi ci vuole, ma dopo una fase di apprendimento esperienziale (qui assente): primum vivere, deinde philosophari. Manca poi la giustificazione glottodidattica, gli esempi d'immagini sono assai banali, l'elaborato è troppo corto e in ritardo con numerosi errori (lo so, anche questa critica è troppo corta e con errori!); non c'è uno Spell Checker sul tuo PC? Vuoi riprovare?



11 §        F. DIANA         XX        Attività: Gli "allievi come etnografi" osservano il modo di stare a tavola dei giovani turisti americani nel Hard Rock Café di Roma, li intervistano, desumano i loro valori, poi vanno a mangiare al café sedendosi accanto agli americani e tentano di "integrarsi". Eccellente (assai ambiziosa) idea. Buona introduzione su "lingua come cultura" ma tagliare la metà per lasciare più spazio alla fase di preparazione (scarsa). Suggerimento: prima di mangiare al ristorante, ogni allievo potrebbe scegliere uno degli intervistati per poi comportarsi come lui (se possibile con gusto): saying grace, eating with one hand, starting with a salad e, soprattutto (perché è qui dove si evidenzia una cultura come forma mentis tribale), facendo lo stesso table talk. P.S. Il tuo inglese è in genere grammaticalmente OK ma fraseologicalmente va rivisto. Comunque vale un punto in più: 29->30.

P.P.S. Dici che il lessico rispecchia, in modo privilegiato, le diversità culturali tra lingua e lingua Dici così, forse, pensando che la "lingua" comprende soltanto 1. fonemi, 2. lessemi, 3. sintagmi. Ma oggi "lingua" include: la gestione dei silenzi (qualcosa di più che la "fonetica"); il repertorio di temi preferiti e tabù (concetto più ampio di quello del "lessico"), il parlare per allusione o esplicitamente (che va oltre la "sintassi"), ecc. Insomma, la "lingua" comprende tanti aspetti culturalmente più significativi del lessico.



12        G.. IOLANDA         XX        Attività: (1.) Scrivere dialoghi, simulare programmi TV, visitare cucine in GB per imparare a dialogare in inglese su ricette di cucina. (2.) Confrontare le varietà d'inglese (TV, quella usata in cucina). Assai dotte e azzeccate le premesse metodologiche. Ma l'applicazione? Fai "creare un dialogo tra uno chef e i suoi assistenti": compito scolastico, non comunicativo (è motivato per soddisfare la prof, non per soddisfare un bisogno espressivo proprio). Ottimo invece il gemellaggio e la preparazione alla visita in GB. Ottima la simulazione in aula della ripresa TV, in inglese, di un programma culinario (l'altra metà della classe la esegue nella cucina dell'Istituto). I destinatari motivano i discorsi; la TV motiva il ricorso all'inglese. Invece di usare 2 PC collegati all'Internet, uno col web cam, potresti registrare il programma un giorno con una camera VHS, poi farlo vedere il giorno dopo in cucina (TV + videoregistratore). Obiezione di fondo: ma gli allievi dell'ITS vogliono davvero parlare in inglese di… ricette? Non di rapporti interpersonali (vedi lavoro di Alessandra Giannitelli), di calcio (vedi lavoro di Elisabetta Luchetti), ecc.? I termini tecnici che serviranno loro vanno imparate, ma tramite esercizi da fare a casa: chat su Internet, scambio di ricette per posta… lasciando poi libera l'ora di lezione per fare cose sentite. Perché non hai scritto in inglese (avresti avuto 1 o 2 punti in più), che sai benissimo?



13        G. FERNANDO


14  §      G. ALESSANDRA         XX         Attività: Realizzare, in inglese, "un filmino nella scuola dagli stessi alunni sul modello della famosa serie televisiva, Friends". Strepitoso! Pericolo: proiezione di se stessi su presunte interazioni americane. Rimedio da te proposto: gli allievi devono "reperire delle informazioni sulla cultura del mondo giovanile americano". Secondo pericolo: gli stereotipi. Rimedio da te proposto: nessuno. Attenta! Occorre una riflessione contrastava (USA/Italia) da svolgere in italiano. L'insegnamento delle "competenze sociali" attraverso "schede": l'hai sperimentato? Sembra utopistico: meglio valorizzare gli emarginati (ad esempio) dando loro materiali da gestire, utili a tutti. Le schede andrebbero bene invece per le competenze linguistiche… che tu trascuri. Infatti, il tuo progetto è una esercitazione "soltanto" mentre con lavori su schede il progetto potrebbe essere un veicolo per promuovere anche l'apprendimento sistematico (con correzione per gruppi). Comunque se trascuri il primo termine della disciplina Glotto-didattica, tratti ampiamente il secondo (il tuo è il migliore trattamento in assoluto): gestione della classe, assegnazione di ruoli, ecc. In quanto al reperimento di un "esperto di cultura anglosassone": perché non usare Internet (expert sites) come compito a casa? Comunque questo lavoro è un ottimo esempio davvero di project learning, oltre all'apprendimento comunicativo-culturale. Complimenti.



15  §       L. FRANCESCA         XX        Attività: Scoprire il senso della festa di St. Patrick per gli irlandesi; confrontare il modo di onorare i santi patroni d'Irlanda e d'Italia; produrre video, poesie e canzoni "alla maniera" degli irlandesi. Bel progetto (come potrei io dire altrimenti?!?). Anche per il target: allievi di un progetto Leonardo. Ottimo il gemellaggio video (con interazioni vive tramite web cam). Fortissima l'idea di gara: la classe irlandese vota il gruppo italiano che meglio recita poesie, canta, parla ecc. all'irlandese. (Le video conferenze costano troppo, il web cam è limitato: usare una camera VHS e mandare la cassetta per posta prioritaria.) Questa iniziativa da sola garantisce il successo del tuo corso sul piano linguistico-culturale. Ottimo lo sfruttamento del territorio: le feste irlandesi a Roma, ecc. Davvero ottimo l'ultimo lavoro descritto: scrittura creativa alla maniera degli irlandesi. Unica obiezione (ma sostanziale): spiace dirtelo, ma la vera cultura irlandese non si rispecchia nel folklore intorno a S. Patrizio che abbonda sul web. I tuoi Appendici presentano l'idea dell'Irlanda che hanno gli americani d'origine irlandesi: sentimentalismi fuorvianti. Anche l'Appendice C, più seria, è rivolta agli americani ("Non finanziare l'IRA"). Ma i valori vissuti realmente dagli irlandesi d'Irlanda? Dove sono? In cosa consistono? Non è facile dirlo. Sono elusivi come gli gnomi. Il vero traguardo del tuo corso, dunque: formare allievi-etnografi capaci di cogliere quella cultura in manifestazioni meno plateali di quelle in onore di S. Patrizio.



16        L. LIVIA         XX        Attività: Per poter seguire a Londra corsi di aggiornamento sulle acconciature, gli allievi acquisiscono una linguistic competence for attending courses (attraverso listening, note taking) e una conoscenza dell'evoluzione della moda britannica.   Attività interessanti ma che non contribuiscono a far raggiungere il primo traguardo (solo il secondo). Sono attività di Comparative Culture: vedi commenti sul lavoro di Barbara Falzini. Materiali di supporto: assente. Articolazione del processo di apprendimento: non spiegata. Testo troppo corto. Lingua usata: inglese -- ma non conta per il voto: è grammaticalmente corretto ma discorsivamente italiano. (Come dici nelle premesse, quindi, dovresti esercitarti imitando noti saggisti inglesi: imitando il loro modo di esporre più concreto, meno allusivo, più didascalico.) Ciò nonostante, le premesse metodologiche sono ottime, in particolare l'applicazione dell'approccio etnografico all'aula scolastica: il docente impara dagli "indigeni" – gli allievi – quali sono i loro "dei", valori, traguardi…



17  §      L.  ELISABETTA        XX   Attività: Capire il punto di vista dei tifosi della Manchester United (tramite e-mail, chat, ricerca sui siti Internet). Idea ottima. Ma poi precisi: " Nessuno obbligherà [gli allievi] a diventare tifosi dell'altra squadra, a identificarsi con gli altri ragazzi, a condividerne i valori". Invece sarebbe più educativo e linguisticamente più utile far accettare agli allievi di diventare per un giorno un/a tifoso/a della Manchester. Portarli a "inventare inni, canzoni e slogan", come proponi, ma condividendone i valori. Certo, sarebbe un lavoro rischioso. Nel immedesimarsi nei tifosi della Manchester, gli allievi potrebbero scoprire che non ci sono contenuti reali dietro gli slogan (quindi neanche dietro i loro slogan italiani), che tutti sono aria fritta, che una squadra ne vale un'altra dal punto di vista delle radici nel territorio perché le squadre sono ormai aziende transnazionali e i giocatori apolidi (oggi juventini convinti, domani ferventi Ranger scozzesi). Che dramma esistenziale provocheresti allora! Ma raggiungeresti assai di più il tuo scopo di "sdrammatizzare" i discorsi sul calcio. E gli alunni sarebbero più disposti ad "entrare" nella pronuncia e nell'intonazione inglese (alla Manchester, semmai), a osservare le regole d'interazione conversazionale inglesi, ecc. Ci pensi? Intanto il tuo elaborato è un stream of consciousness d'idee, di cui molte buone. In futuro, però, raggruppa le premesse metodologiche all'inizio, poi presenta l'elelnco degli obiettivi (che qui appare alla fine), ecc. Con maggiore ordine e più dettagli sulle schede e sul sistema di autocorrezione degli allievi meriterebbe un 30. Così com'è, ma in inglese, un 29.



18  §      M. EMANUELA         XX        Attività: Visita ad un pub per osservare i modi di starci degli irlandesi (eventualmente, tentativi di integrazione). Attività di ricerca "etnografica" descritta con grande professionalità: premesse ben articolate, obiettivi ben delineati, piano didattico ben sviluppato… eppure sa di "apparato"; non sembra un'iniziativa coinvolgente. Un po' come i depliant dei viaggi "d'avventura" dove tutto è stato previsto (la mattina, berrete un succo d'arancia, poi passeggerete nella foresta per 52 minuti dove vedrete no. 2 cervi e no. 1 coniglio, poi…). Tuttavia il lavoro è intrinsecamente bello e merita di essere studiato. Molti docenti richiedono appunto un apparato: l'inventiva pura, come quella di alcune delle proposte qui segnate "§", disorienta soltanto, anche perché non accompagnata da procedure per attuare l'"ideona". In concreto: il tuo progetto rischia di sembrare senza interesse: i tuoi 18enni avranno già osservato un'infinità di pub a Roma. Non etnograficamente, è vero; quindi puntare su questo aspetto. Non cercare il senso dell' arredo tipico di un pub guardandolo in sé; guardalo nel suo contesto sociale (in GB ci si riunisce a casa meno facilmente rispetto all'Italia, donde la necessità di un locale pubblico tipo salotto per poter "stare a casa" con gli amici fuori casa. -- cf.il café Greco a Roma). Prepara gli alunni ad osservare la NVC facendolo dapprima in italiano (come con la grammatica, hanno dapprima bisogno di capire le categorie che poi cercheranno di individuare in inglese). Allenare alla registrazione di nascosto di conversazioni: il suono viene solitamente male; allena a trascrivere conversazioni in italiano per il motivo dato per la NVC. Preparare gli allievi ad abordare tramite simulazioni con schede per sapere come interrompere o cambiare argomento, ecc.. Le loro domande andrebbero poi inserite in un'ipotesi linguistico o culturale da sperimentare.



19        M. M.- ASSUNTA         XX        Attività: Produzione di uno spettacolo musicale in lingua da presentare agli studenti di una scuola britannica gemellata durante la visita annuale; attraverso la corrispondenza e-mail, ogni allievo italiano prenderà consapevolezza che sta lavorando (sullo spettacolo) per comunicare con qualcuno in particolare. Ottime premesse, idea accattivante, ma insufficientemente sviluppato. Ad esempio, il lungo brano storico sulla musica skiffle sembra un collage che occupa spazio soltanto e non contribuisce a far capire come insegnare agli allievi a metter su uno spettacolo in lingua. Andrebbe tolto e a suo posto introdotto elementi come quelli che si trovano, ad esempio, nel progetto di Luisa Versellesi o di Emanuela Mancuso. L'idea di contrastare i discorsi de i reali inglesi e la canzone popolare gallese è geniale – ma come portare i ragazzi a scrivere anche loro una canzone dissacrante? La lunga trascrizione del discorso del Principe di Galles – tutto in gallese, poi, quindi di nessun utilità ai fini di questa tesina – sembra, di nuovo, un collage per riempire spazio e arrivare al numero di pagine richieste . 30 per le idee, 18 per il prodotto finito, 24 come media.



20        M. RENZO         XX        Attività: Visione di video di turismo (travelogue) , con esercizi di comprensione e poi la realizzazione di un video analogo (per studenti di un IP per il Turismo). La prima parte di questa attività è comunicativa nel senso minimo di ricostruzione del significato di un atto autentico di comunicazione (travelogue) anche da parte di un ricevente obliquo (i veri destinatari non sono gli allievi di un IP). La seconda parte è comunicativa nel senso forte: crea una situazione in cui c'è la saldatura tra intento espressivo e realizzazione formale, ossia in cui gli alllievi soddisfano bisogni espressivi realmente sentiti usando suoni e grafemi inglesi (necessariamente inglese perché i destinatri sono anglofoni). Ma l'attività non è comunicativo-culturale: gli allievi non adeguano il loro video al mercato americano o australiano o irlandesi… non c'è,l cioè, uno spostamento nella forma mentis dei destinatari anglofobi per poi costruire un discorsi giocando su quei parametri. Ma come esercizio comunicativo, seppure già in uso da tempo, è così accuratamente studiato e così ben fatto che vale il massimo dei punti. (Ma non un posto sul sito, riservato per le innovazioni didattiche!)



21        M. VALERIA         XX        Attività: Capire la diversità delle varietà d'inglese nel mondo (il progetto si limita alle varietà britannica, americana, australiana, sudafricana e indiana) e, attraverso attività che vanno dal chat alla recita, abituarsi ai diversi modi di dire e di essere. Il progetto è bello ma la spiegazione delle attività fa capire che non l'hai mai provato, è solo un buon brainstorming. Mi spiego. Lettura giornali: i giornali di lingua inglese sono quasi tutti uguali e, per via del concentramento della proprietà delle testate, riportano le stesse notizie. Non trovi, dunque facili spunti per confronti linguistico-culturali. E' nel parlato popolare che le varietà d'inglese si distinguono radicalmente. (Un giornale a Napoli e uno di Venezia sono sostanzialmente uguali come linguaggio, seppure il linguaggio che senti per strada sia molto diverso nelle due città. Anche le notizie sono per l'80% uguali, per via del monopolio delle informazioni.) Testi letterari: India e Sud Africa hanno premi Nobel in letteratura – perché allora Kipling (!!) per l'India e Leroy per Sud Africa? Comunque andrebbero meglio comici popolari. TV: Beautiful è uguale ovunque, gran parte della pubblicità pure: cercare pubblicità per casalinghe. I laboratori linguistici delle varie università hanno l'antenna parabolica e possono fornirti (dietro l'OK dei direttori a cui devi rivolgerti) brani dalla TV indiana, jamaicana… Oppure a pizza Esedra trovi un edicola con riviste femminili dai vari paesi. Chat: OK ma usa Google o un Expert Site per trovare i chat rooms di siti australiani, indiani, sudafricani, dove è più probabile imbatterti in un chattista di quei paesi. In conclusione molte idee, ma da perfezionare. Riflessione metodologica: assente. Attività d'interiorizzazione: assente. Didattica: non usare metodi autoritari, fa scegliere il paese dopo aver fatto vedere un buon motivo per voler conoscere l'India o il Sud Africa (che gli allievi scoprono in un film, un racconto…)


22        M. ALESSIA


23        P. ALESSANDRA         XX        Attività: Creare una home page della scuola, ossia un sito Internet sulla moda italiana, come vetrina della propria produzione (allievi di un IP Design). Bello come progetto, lavoro intelligente e accurato. Giustificazione metodologica non sistematica però, a volte inesatta. Ad esempio, non è vero che "bisogna perdere qualcosa della propria identità italiana" per calarsi nei panni di un/a inglese o di un/a americano/a e parlare come lui/lei. Anzi, puoi trasmettere davvero i tuoi valori italiani così. Se cerchi di trasmetterli rimanendo te, parlando un inglese maccheronico, ecc., non trasmette meglio i tuoi valori, non trasmetti niente (tranne il ridicolo). Inoltre l'attività orale con prompts che prevedi non è comunicativa, secondo la nostra definizione (nel pair practice, studente A non vuole realmente dire qualcosa a studente B, è solo un esercizio preparativo a momenti veri di comunicazione orale… che non avvengono). Azzeccata invece la drammatizzazione delle interviste lette ai fini culturali (che dici ma che non giustifichi interamente): gli allievi vorranno sicuramente essere il famoso designer intervistato (forse pure one of the wealthy, come dici). Grazie del CD con i .jgp per il sito ma non metto in rete il tuo progetto, per via dell'insufficienza dell'elaborazione metodologica. . Voto 28 + 2 punti per l'inglese.



24        P. DINA         XX        Attività: Portare stranieri anglofoni alla mensa dell'Istituto Alberghiero; nel servirli, notare i guasti di comunicazione: replicarli poi in aula attraverso simulazioni; inventare routine riparativi. Eccellente idea ma non è stato sviluppato quasi per nulla sul piano pratico (ne esposta bene nei termini appena usati). Come osservare i guasti? Quali problemi prevedere (gli schemi aiutano ad osservare)? Quali schede prepari per la simulazione, ecc. ecc. Tutto l'elaborato è un bellissimo discorso su "lingua come cultura" e una prova di grande sensibilità nel delineare i bisogni comunicativi futuri degli allievi (ma quelli presenti??). Ma l'insegnante che leggerebbe il tuo scritto in Internet non sa poi quello che deve fare in aula praticamente. Aiutalo! P.S. Suggerimento: per avere "clienti" anglofoni ma non-anglosassoni, la Caritas ti manderà tutti i pakistani, bengalesi, egiziani che vuoi.



25        P. MARIA


26        R. SANDRA


27        R. MARIA TERESA        XX   Attività: Preparazione per e partecipazioni in una Model UN (dibattito tra studenti che rappresentano ognuno un paese nel mondo) come quella che si tiene ogni anno a Bath (GB), a cui vengono mandati dal MAE alcuni liceali italiani. L'idea è ottima. Perché presentarla allora come possibile partecipazione alla Model UN di Bath? Dovresti dire: lasciamo perdere Bath, facciamo noi una Model UN in aula alla fine di ogni semestre, usando questo progetto come veicolo in cui inserire, lungo tutto il semestre, le varie esercitazioni di lingua che si fanno normalmente. Possibile ostacolo che non consideri: il menefreghismo politico inculcato nei giovani. Devi prevedere un lavoro d'interessamento alla res pubblica prima di proporre agli allievi una Model UN, che darà concretezza all'interesse suscitato. (Come suscitare interesse? Con, ad es., il confronto tra articoli e TG italiani e GB/USA su argomenti che toccano la vita dei ragazzi, come la crescente presenza di stranieri di ceto economico basso nei loro quartieri, per capirne i motivi economici e anche le complicità di chi professa di essere contrario all'immigrazione selvaggia). Da lì puoi passare a Palestina, Macedonia e gli altri argomenti davanti all'ONU in quanto è tutto legato. Non prevedi nemmeno una preparazione linguistica: i fogli su come presentare una mozione in inglese o il foglio fraseologico sono utili ma non sono strumenti didattici, sono repertori di routines linguistici che vanno acquisiti. Come farli acquisire? Ecco il problema didattico di cui non dici nulla. Infine, confondi i due modi di vedere la comunicazione interculturale. Uno è quello espresso nei materiali di Bath: "Esprimiamoci in maniera tollerante delle diversità che manifestano gli altri". Ma nella tua introduzione affermi di voler insegnare (come è giusto, a mio avviso) l'altro modo di vedere la comunicazione interculturale: "Comunicare facendo tuoi i valori e le modalità espressive e di comprensione dell'altro". Tuttavia, malgrado la tua "professione di fede", di questo secondo approccio non c'è traccia nei tuoi materiali. Riassumendo: eccellente inquadratura per un output qualificato ma nessun input sistematico qualificato. Non fai vedere una lezione, bensì una occasione per una esercitazione motivante in lingua. Non è male questo, ma non basta.


28        R. ALESSANDRA         XX        Attività: Capire l'Italia vista da un inglese (M. Solly, autore di The Xenophobe's Guide to Italians) e da un americano (Coppola nel film The Godfather); capire anche la cultura GB/USA come riflesso negativo delle impressioni distorte dell'Italia nelle opere di Solly e Coppola; infine, verificare le ipotesi avanzate attraverso interviste a inglesi/americani residenti a Roma.  Lavoro stra-intelligente e accuramente fatto, che lascio però perplessi. Si può chiedere tanto a ragazzi di 16 anni? La nozione di ricostruire la cultura inglese come riflesso negativo di un discorso sull'Italia è talmente sottile che non lo darei come argomento di tesi ad un laureando qualsiasi. Chiedere poi ai ragazzi di osservare, durante le interviste in inglese, i segnali che indicano che il parlante inglese/americano sta mentendo o sta cercando di minimizzare le sue critiche dell'Italia, è un lavoro altrettanto sottile e impegnativo.  Giudicheranno la comunicazione non verbale (NVC) che presenta, certo, universali ma anche fenomeni culturalmente specifici e che potrbbero essere fraintesi, se non studiati preventivamente.  Anche le forme verbali di attenuazione possono essere fraintesi se non capiti culturalmente.  Certo, puoi svolgere l'attività, di per se troppo impegnativo, come introduzione alla ricerca etnolinguistica; potrebbe addirittura essere il modo migliore per stimolare un interesse che poi potrai soddisfare facendo leggere The silent language di Hall (abordabile anche a 16 anni; esiste in italiano; potresti usare le solo fotografie per una lezione...).   Boh.   Mi è sembrato a prima vista che rischi di passare al di sopra la testa degli allievi. (Vedi quello che scrivo sul lavoro di Paola Del Zoppo.) A differenza di Paola, però, il tuo elaborato, che rileggo, mi convince che il tuo progetto potrebbe funzionare. Un docente attenta alla didattica riesce a stimolare l'intelligenza degli allievi con progetti irrealizzabili dall'insegnante "impiegato statale" e anche da quello sognatore; basta che gli allievi possano trovare nell'attività stessa le verifiche delle loro ipotesi e che l'insegnante capisca come ognuno di loro affronta i problemi dell'apprendimento.   Tu dai prova di essere molto attenta alla didattica.  Ad esempio, l'idea di gruppi di livelli misti è ottimo (la cosa peggiore è di finire con un gruppo dei soliti menefreghisti, un gruppo dei soliti secchioni, ecc.).  Inoltre sei tra i rari che hanno pensato a fornire schede con indicazioni su "come interrompere", ecc.  Anche altre cose. Consiglio:fa ascoltare i nastri delle interviste e proporre i brani per il lavoro in classe gli alunni; sbobinare è un ottimo esercizio, assai migliore del solito dettato (in cui la pronuncia del professore è falsata e i testi troppo "scritti").  Sbobinando, gli allievi toccano con la mano la natura composita del parlato. Poi tu come docente puoi scegliere i brani da commentare tra la rosa di brani che gli allievi propongono.

Quindi, premesso tutto ciò, accantono il mio scetticismo e valuto positivamente la tua proposta didattica. Ma rimane comunque un difetto che ne sminuisce il valore: l'interculturalità che insegni è quella difensiva che ho criticato tanto in classe – tutto di testa, non di cuore. Questo approccio dice: "Studiamo le diversità, capiamo le diversità, siamo tolleranti verso le diversità, ma rimaniamo noi. Quando parliamo – anche in lingua – esprimiamoci in maniera tollerante delle diversità degli altri ma alla nostra maniera da italiani". Opinione diffusissima. Ma tremendamente difensiva. E se dice lo stesso il tuo interlocutore? Ognuno si arrocca nel suo essere diverso, sorride e mostra tolleranza verso l'altro ma non si sposta di un millimetro dal suo modo di fare e di essere. Francamente, trovo questo atteggiamento di un razzismo strisciante che mette brividi. E' l'anticamera delle guerre.

C'è però un altro modo di vedere la comunicazione interculturale: "Comunicare facendo tuoi i valori e le modalità espressive e di comprensione dell'altro". Spostarti nella sua ottica, condividere, per un momento, i suoi valori per vederli "da dentro". Se l'altro fa altrettanto creerete un terreno comune tra le due posizioni. Se non lo fa, fallo almeno tu: è a tuo vantaggio – ti fai capire meglio e riesci a convincere meglio.

Non mi spiego oltre: leggi le cose sul sito web della classe. Dico solo che se fai la seconda scelta, parlerai meglio le lingue. Tu invece, insegnando ai tuoi studenti di rimanere arroccati, rischi di formare allievi che parleranno anche discretamente in lingua ma non in maniera da creare legami istintivi di solidarietà con l''Altro. A scapito loro: si faranno capire meno bene e risulteranno meno convincenti. Quindi giudico il tuo lavoro scarso sul piano dell'interculturalità. Non fa interiorizzare la lingua e cultura che dice di insegnare. Voto 25 più un punto per l'inglese.



29        S. MARINA         XX   Attività: Capire i diversi modi di vivere il cibo e i ristoranti nelle due culture, italiana e americana; imparare a produrre ricettari secondo le convenzioni anglosassoni (per studenti di un IP Alberghiero).  Buon lavoro di Comparative Culture ma non di lingua inglese. Una lingua non e una raccolta d'idiomi come tummy index; quindi scrivere un menu pieno d'idiomi non e un buon allenamento per poter conversare o chattare. (Vedi i commenti critici sulle impostazioni simili di Barbara Falzini e Maria Conti). In compenso l'attivita e rigorosamente impostata; i cenni metodologici sono buoni seppure non approfonditi; il ricorso all'Internet ottimo; la pubblicazione dei ricetti in rete azzeccatissimo (conferisce effettivamente una dimensione autenticamente comunicativa al lavoro). Forse i futuri cuochi di un IP Alberghiero non hanno bisogno di sapere interagire oralmente in lingua o comunque non e il loro bisogno conoscitivo saliente? Mah! Anche se non lo e sul piano strettamente lavorativo, essi possono avere bisogni conoscitivi (fare amicizie con stranieri/e) da soddisfare insegnando anche a conversare su temi non riguardanti la cucina. Ricordiamo che una familiarita col parlato agevola notevolmente, poi, la lettura e la scrittura. P.S.: Nel questionario manca Salad, Vegetables.



30        S. ROSSANA         XX        Attività: Gli allievi (di una scuola per infermieri) scelgono un personaggio del serial ER3 da prendere a modello linguisticamente e culturalmente; in seguito, svolgono esercizi per capire le differenze culturali (GB/Italia) nelle interazioni dottore/paziente e per padroneggiare in inglese il linguaggio della divulgazione medica. L'elaborato è intelligente ed attento alle sfumature ma risulta scollegato: la prima attività (assunzione di una persona anglosassone) non viene utilizzata come sfondo per lo svolgimento della seconda attività (gli esercizi). O meglio, si dichiara che andrebbe utilizzata così ma nella descrizione degli esercizi non c'è traccia. Premesso ciò, va detto che l'analisi comparativo dei foglietti dei medicinali dà sorprendenti risultati: esiste davvero una notevole differenza nel modo d'impostare il discorso, persino in un campo altamente tecnico ed "internazionale" come quello dei foglietti illustrativi. Ma esercizi di questo tipo sono puramente cognitivi: perciò al termine gli allievi sapranno sì le differenze ma, non essendo stati coinvolti sul piano affettivo/volitivo, non sapranno impostare a loro volta discorsi appropriati nelle due lingue. Cioè, non sapranno parlare in maniera doctor-oriented ad un medico italiano, quindi rimarranno subalterni linguisticamente. Né sapranno parlare in maniera patient-oriented ai loro malati anglosassoni ed extracomunitari. (In verità, nel secondo caso le doti di umanità tipicamente italiane attenueranno le distanze create dal linguaggio.) La soluzione? Riunire effettivamente le due attività, come nei propositi iniziali.



31 §        S. VANESSA         XX        Attività: Lo studio di 3 diversi atteggiamenti di ribellione (britannico, jamaicano, americano) e assimilazione dei modi di esprimersi caratteristici attraverso le canzoni; confronto con atteggiamenti di ribellione in Italia. Molto bello, molto impegnativo. Un lavoro su "testi" che riesce ad essere comunicativo-culturale (come dovrebbe essere una lezione di letteratura, che spesso però si riduce a storia letteraria). Buone premesse metodologiche. Lavoro ben articolato in attività complementari, secondo l'uso della L1 o della L2, ecc.. Molto motivante. Cerchiamo però il pelo nell'uovo, OK? 1° esercizio: Non è forse irrealistico far scrivere agli allievi "gli aggettivi che meglio descrivono le loro emozioni", quando non hanno un ampio vocabolario in inglese e – soprattutto i maschi – non troverebbero forse le parole per descriverle nemmeno in italiano? Non sarebbe meglio un lavoro filologico/lessicografico per far assimilare gli aggettivi descrittivi? (Esempio: fare rete associative con gli aggettivi nelle tre canzoni, poi con www.google.com o concordance software trovare altri contesti in cui questi aggettivi appaiono; ricopiare, in una rubrica sotto la voce dell'aggettivo, i brani che esprimono un intento simile alla canzone di partenza… Vedi la differenza tra esercitazione e assimilazione?) Esercizio 4° giorno: fare capire la diversità della ribellione dei cantanti e quella degli allievi – ottimo, SE gli allievi esprimono ribellione. Anni fa, sì: ma sei sicura che oggi avrai riscontro al di fuori di quelli dei centri sociali? (Vedi dati CENSIS su il "ritorno ai valori tradizionali" dei giovani, ecc.). Esercizio 5° giorno: ottima l'idea di incoraggiare l'identificazione (ricaduta positiva sul parlato è garantito), ma dal momento che offri solo 3 cantanti e tutti molto particolari in quanto ribelli, sei sicura che tutti gli allievi riusciranno ad identificarsi con uno di loro? Comunque, il lavoro sarà sicuramente appassionante e il premio finale sicuramente ambito. Il tuo inglese, grammaticalmente buono, va rivisto sul piano fraseologico.



32 §        T. GIUSEPPINA         XX        Attività: Paragonare i personaggi del fumetto Calvin & Hobbes a ragazzi della stessa ètà in Italia (intervistare turisti americani per la verifica); poi fare un fumetto di Calvin & Hobbes da grandi, inseriti in una situazione verosimile per la cultura americana. Seconda attività (o terza, contando l'intervista come seconda): Simulazione del Reception in un albergo per imparare ad affrontare clienti "problematici". Eccellente indagine sui bisogni dei "tuoi" futuri allievi: dovresti essere un giornalista investigativa. Bella descrizione dell'incontro con la "lingua-come-cultura" – la fai in termini non dotti come altri corsisti hanno fatto, ma certamente più vivaci: dovresti essere una scrittrice per giovani. (In futuro, però, mi raccomando: dovrai almeno concludere con due pagine intere di concettualizzazioni "dotte" riguardanti i fenomeni che, nelle due pagine precedenti, avrai descritto come vissuti. Sei un futuro "quadro" nella scuola, no?, quindi capace di vedere i rapporti astratti che legano le cose.) Il due progetti sono senz'altro buoni come idee, ma non li sviluppi quindi non ho nulla da criticare. (Furba, eh?) Ma posso criticare il fatto di non poter criticare (donde il 25). Il tuo lavoro va comunque in rete, non per le copiose schede (non ce ne sono), ma per l'inventiva. Ad esempio, l'idea del cerotto sulla bocca. (Non è uno scherzo, vero, lo faresti realmente? – e faresti bene. Seeing is believing.)



33        T. CLAUDIA
34        T. ELEONORA
35        V. PAOLA         XX        Attività: Creare un “ponte” multimediale con una scuola gemellata (reportaggi per l'altra scuola sul sito web della classe); poi scambi dal vivo tramite web cam. Questa attività è stata abbastanza gettonata dagli altri specializzandi, che tuttavia hanno speso più parole per l'organizzazione del ponte Internet di quanto non hai speso tu . Cioè, enunci le tue idea ma poi le inquadri in un discorso ampio sull'evoluzione della scuola: ma chi leggerà questi scritti, cioè insegnanti di lingue, vorranno dettagli organizzativi e un inquadramento metodologico ma solo pochi ragguagli sull'andamento dell'insegnamento oggi. Ho contato: delle tue sei (6) pagine (bastavano tre per 750 parole), cinque riguardano riflessioni sull'andamento dell'insegnamento delle lingue; non costituiscono però riflessioni epistemologiche vere e proprie sulla fondatezza delle pratiche che proponi in termini di apprendimento del reale. In conclusione, il tuo elaborato è interessante per me ma non per i futuri visitatori del sito, temo.



36        V. GIANCARLO         XX        Attività: Visione di un documentario di lotta nell'America degli anni '70 in cui la canzone popolare predomina; poi ricreazione delle scene con canti. Idea bella e scritta (a grandi linee) con intelligenza e sensibilità. Ma in didattica come in scrittura creativa, les bons sentiments ne font pas les bons romans. Mancano i dettagli (schede…) sulla realizzazione pratica. Ad esempio, scrivi: "A questo punto si intensificherebbe il lavoro sulla dimensione della realtà linguistica del testo e sulla sua riproduzione orale." Vuoi dire che fai ripetere i brani? E poi? Includi, è vero, una indicazione didattica concreta. Ma è troppo poco se questo lavoro deve servire anche per ipotetici visitatori del sito della classe (insegnanti in cerca di materiali da usare). Comunque lo spirito del lavoro comunicativo-interculturale l'hai colto in pieno e i (ahimé pochi) cenni sulla didattica – ad esmpio il discorso sul non costringere a partecipare – sono del tutto condivisibili.



37 §        V. LUISA         XX        Attività: Una serie d'attività ricettive e produttive per assimilare il modo di esprimersi di un Tour Operator americano. (Per gli allievi di un IP di Turismo.) Lavoro esemplare sul linguaggio settoriale che sia, nel contempo, comunicativo e a tratti comunicativo-culturale. Intelligente sfruttamento delle risorse web. C'è poco da correggere. Andrebbero inserite lezioni (in L1) che situano il linguaggio del Tour Operator scelto: rispecchia una certa America e andrebbe inquadrata sociolinguisticamente e culturalmente. Bonus: descrizione di una seconda attività (questa per la scuola media). Tramite un Onlu, "adozione" di un bambino Sud Africano con cui corrispondere Eccellente idea. Non solo gli allievi imparano a comunicare con una cultura anglofona né britannica né americana, ma imparano a relazionarsi con una persona che non sia il Cantante Famoso, il Calciatore Ammirato, l'Attrice o l'Attore TV di successo, ecc. Ci voleva.


 
 



Specializzandi in francese



 
 



1        C. CARMELA        XX   Attività: Analisi di testi stilisticamente diversi tra di loro (pubblicità, lettera d'invito, lettera di offerta); in un secondo tempo, redazione di testi imitando i tre stili per imparare a "comunicare efficacemente". Malgrado l'accuratezza del piano didattico, l'attività prospettata non fa raggiungere la finalità dichiarata. Porta gli allievi a scrivere un francese corretto e appropriato ma non "efficace". Quest'ultima nozione è di natura pragmatica, etnolinguistica e culturale – dimensioni del tutto assente. Ci sono, è vero, tre (dicesi 3) righe in cui ipotizzate paragoni con testi simili in italiano e in inglese. Spunto non sviluppato. Inoltre l'analisi contrastava non porta all'interiorizzazione di una mentalità diversa (vedete i miei commenti sul lavoro di Barbara Falzini) Invece bisogna far prorpria la mentalità dell'interlocutore se si vuole comunicare "efficacemente". Eercizi corretti ma tipologicamente insufficienti -- persino per insegnare lo stile come genre discorsivo (epistolare…). Unico momento "comunicativo" previsto: la pastiche (imitazione di uno stile): ottimo lavoro che, però, viene menzionato solo en passant. Momenti comunicativo-culturali: niente. Insomma, attività tradizionale di analisi grammaticale e discorsiva fine a se stesso. Io amo il francese e sono un linguista, ma francamente proverei una noia mortale se fossi un vostro allievo. Non ha fatto breccia nulla di ciò che ho detto durante le nostre lezioni? Assente la riflessione metodologica richiesta.



2        C.TIZIANA         XX        Attività non comunicativa-culturale (non basta notare gli aspetti culturali, bisogna interiorizzarli) e scarsamente comunicativa (siamo ai soliti esercizi pseudo-comunicativi per focalizzare l'attenzione sui fatti della lingua). Ma per quello che è (tradizionale) è molto ben fatto.



3        C.RITA   XX        Attività: esercitazioni (individuali, gruppi, classe) usando "realia" francese (veri biglietti aerei, depliants, ricevute). Scopo dichiarato: "imparare ad usare il francese in maniera creativa, comunicativa e [viene scritto nelle conclusioni] naturale". Invece l'attività non fa nulla di tutto ciò. Ha però dei meriti: mentre l'attività di Ciarmoli-Pillonca-Romano sembra essere fatta da linguisti descrittivi per linguisti descrittivi (quelli che amano studiare le farfalle inchiodate su lastre, non le farfalle che volono nei campi), questa attività sembra uscita da una buona scuola di lingue commerciale anni '70: il francese per chi viaggia, vocaboli e fraseologia apparentemente senza densità culturale, da adoperare meccanicamente in situazioni standardizzate. Esercizio 4 recita: "nulla vieta essere creativi nel descrivere il passeggero" – d'accordo, ma nulla l'incoraggia nemmeno. Un buon materiale avrebbe sostenuto l'inventiva. Non c'è nulla di comunicativo-culturale e nemmeno realmente comunicativo (gli allievi non vogliono dire nulla, quindi le loro frasi non vogliono dire nulla comunicativamente). In positivo: l'articolazione e la varietà degli esercizi e soprattutto il ricorso a "realia" (che permette d'intuire che il francese viene usato nella vita reale e non solo come esercitazione scolastica). Almeno quello.



4        D. SIMONA         XX   Attività non comunicativa-culturale (non basta notare gli aspetti culturali, bisogna interiorizzarli) e scarsamente comunicativa (siamo ai soliti esercizi pseudo-comunicativi per focalizzare l'attenzione sui fatti della lingua). Ma per quello che è (tradizionale, qualche cenno comunicativo) è molto ben fatto.



5        D. SIMONA         XX         Non c'è nessuna traccia del corso Glottodidattica II.



7        M. MARIA GRAZIA


8        P. MARIANNA         XX        Attività: esercitazioni (individuali, gruppi, classe) usando "realia" francese (veri biglietti aerei, depliants, ricevute). Scopo dichiarato: "imparare ad usare il francese in maniera creativa, comunicativa e [viene scritto nelle conclusioni] naturale". Invece l'attività non fa nulla di tutto ciò. Ha però dei meriti: mentre l'attività di Ciarmoli-Pillonca-Romano sembra essere fatta da linguisti descrittivi per linguisti descrittivi (quelli che amano studiare le farfalle inchiodate su lastre, non le farfalle che volono nei campi), questa attività sembra uscita da una buona scuola di lingue commerciale anni '70: il francese per chi viaggia, vocaboli e fraseologia apparentemente senza densità culturale, da adoperare meccanicamente in situazioni standardizzate. Esercizio 4 recita: "nulla vieta essere creativi nel descrivere il passeggero" – d'accordo, ma nulla l'incoraggia nemmeno. Un buon materiale avrebbe sostenuto l'inventiva. Non c'è nulla di comunicativo-culturale e nemmeno realmente comunicativo (gli allievi non vogliono dire nulla, quindi le loro frasi non vogliono dire nulla comunicativamente). In positivo: l'articolazione e la varietà degli esercizi e soprattutto il ricorso a "realia" (che permette d'intuire che il francese viene usato nella vita reale e non solo come esercitazione scolastica). Almeno quello.



9        P. MARIA         XX         Non c'è nessuna traccia del corso Glottodidattica II.


10        P. CRISTIANA


11        P. CLAUDIA         XX        Attività: Analisi di testi stilisticamente diversi tra di loro (pubblicità, lettera d'invito, lettera di offerta); in un secondo tempo, redazione di testi imitando i tre stili per imparare a "comunicare efficacemente". Malgrado l'accuratezza del piano didattico, l'attività prospettata non fa raggiungere la finalità dichiarata. Porta gli allievi a scrivere un francese corretto e appropriato ma non "efficace". Quest'ultima nozione è di natura pragmatica, etnolinguistica e culturale – dimensioni del tutto assente. Ci sono, è vero, tre (dicesi 3) righe in cui ipotizzate paragoni con testi simili in italiano e in inglese. Spunto non sviluppato. Inoltre l'analisi contrastava non porta all'interiorizzazione di una mentalità diversa (vedete i miei commenti sul lavoro di Barbara Falzini) Invece bisogna far prorpria la mentalità dell'interlocutore se si vuole comunicare "efficacemente". Eercizi corretti ma tipologicamente insufficienti -- persino per insegnare lo stile come genre discorsivo (epistolare…). Unico momento "comunicativo" previsto: la pastiche (imitazione di uno stile): ottimo lavoro che, però, viene menzionato solo en passant. Momenti comunicativo-culturali: niente. Insomma, attività tradizionale di analisi grammaticale e discorsiva fine a se stesso. Io amo il francese e sono un linguista, ma francamente proverei una noia mortale se fossi un vostro allievo. Non ha fatto breccia nulla di ciò che ho detto durante le nostre lezioni? Assente la riflessione metodologica richiesta.



12        P. ANNARITA    XX        Non c'è nessuna traccia del corso Glottodidattica II.


13        R. LAETITIA    XX        Attività: Analisi di testi stilisticamente diversi tra di loro (pubblicità, lettera d'invito, lettera di offerta); in un secondo tempo, redazione di testi imitando i tre stili per imparare a "comunicare efficacemente". Malgrado l'accuratezza del piano didattico, l'attività prospettata non fa raggiungere la finalità dichiarata. Porta gli allievi a scrivere un francese corretto e appropriato ma non "efficace". Quest'ultima nozione è di natura pragmatica, etnolinguistica e culturale – dimensioni del tutto assente. Ci sono, è vero, tre (dicesi 3) righe in cui ipotizzate paragoni con testi simili in italiano e in inglese. Spunto non sviluppato. Inoltre l'analisi contrastava non porta all'interiorizzazione di una mentalità diversa (vedete i miei commenti sul lavoro di Barbara Falzini) Invece bisogna far prorpria la mentalità dell'interlocutore se si vuole comunicare "efficacemente". Eercizi corretti ma tipologicamente insufficienti -- persino per insegnare lo stile come genre discorsivo (epistolare…). Unico momento "comunicativo" previsto: la pastiche (imitazione di uno stile): ottimo lavoro che, però, viene menzionato solo en passant. Momenti comunicativo-culturali: niente. Insomma, attività tradizionale di analisi grammaticale e discorsiva fine a se stesso. Io amo il francese e sono un linguista, ma francamente proverei una noia mortale se fossi un vostro allievo. Non ha fatto breccia nulla di ciò che ho detto durante le nostre lezioni? Assente la riflessione metodologica richiesta.



14        T. SONIA


15        T. LUCIA         XX        Attività: esercitazioni (individuali, gruppi, classe) usando "realia" francese (veri biglietti aerei, depliants, ricevute). Scopo dichiarato: "imparare ad usare il francese in maniera creativa, comunicativa e [viene scritto nelle conclusioni] naturale". Invece l'attività non fa nulla di tutto ciò. Ha però dei meriti: mentre l'attività di Ciarmoli-Pillonca-Romano sembra essere fatta da linguisti descrittivi per linguisti descrittivi (quelli che amano studiare le farfalle inchiodate su lastre, non le farfalle che volono nei campi), questa attività sembra uscita da una buona scuola di lingue commerciale anni '70: il francese per chi viaggia, vocaboli e fraseologia apparentemente senza densità culturale, da adoperare meccanicamente in situazioni standardizzate. Esercizio 4 recita: "nulla vieta essere creativi nel descrivere il passeggero" – d'accordo, ma nulla l'incoraggia nemmeno. Un buon materiale avrebbe sostenuto l'inventiva. Non c'è nulla di comunicativo-culturale e nemmeno realmente comunicativo (gli allievi non vogliono dire nulla, quindi le loro frasi non vogliono dire nulla comunicativamente). In positivo: l'articolazione e la varietà degli esercizi e soprattutto il ricorso a "realia" (che permette d'intuire che il francese viene usato nella vita reale e non solo come esercitazione scolastica). Almeno quello.
 

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PROGETTI CONSEGNATI DOPO LE VACANZE

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MARIA P.  -  Visione di un film sulla lotta per l'indipendenza degli scozzesi ("Braveheart"), preparazione per un dibattito sulla richiesta d'"indipendenza" dei "padani" in Italia e sul tema della devolution nei due paesi, infine incontro-dibattito con un scozzese fautore della devolution.   Progetto non proprio comunicativo-culturale (manca l'aspetto  della trasformazione del se).  Non è nemmeno proprio nuovo: cose del genere sono state sperimentate già da molti anni nella scuola italiana dagli insegnanti più impegnati.  Comunque è un progetto comunicativo validissimo, intelligentemente argomentato, scritto in un inglese colto. Voto: 22+2 per l'inglese = 24.

Progetti di questo tipo, per funzionare, hanno bisogno di studenti interessati alla politica e capaci di partecipare con l'impegno necessario.  I tuoi sono così?  Ma forse non importa se non sono così in partenza: come ebbi a dire a Alessandra Ricaboni, un insegnante entusiasta trasmette entusiasmo -- quindi forse ce la fai.  Tu anticipi la mia obiezione scrivendo: "It should not be difficult for our students to identify with the characters and the values they embody; once the pupils are thus involved, they can have  personally valid reasons for talking."  Non lo so.  Di nuovo bisogna distinguere tra il legame GENERICO di empatia che gli studenti proveranno sicuramente per un personaggio valoroso che lotta per la propria libertà e l'interesse che gli studenti potranno (o non potranno) provare per le ragioni economici e politici SPECIFICI a monte di quella lotta (in Scozia, in Italia) -- quelle che dovranno poi fare loro nel dibattito.

Ti do un esempio: i sauditi che hanno finanziato i recenti attentati in America dicono di lottare per l'indipendenza del loro paese (l'esercito americano è stanziato in permanenza in Arabia Saudita da 11 anni, non tanto per tener d'occhio l'Iraq quanto per tener d'occhio l'esercito saudita, buona parte del quale è nazionalista e vorrebbe appunto cacciare la Esso e la BP e riprendere il controllo sul petrolio del proprio paese).  Ora, se tu facessi vedere un filmato spettacolare su bin Laden (come quello di cui la TV ha fatto vedere dei brani), quanti dei tuoi allievi vorrebbero, dopo la proiezione, studiare e dibattere i motivi economici e politici dietro le rivendicazioni di bin Laden per l'indipendenza dell'Arabia Saudita?  Persino gli adulti sono più interessati a guardare gli aspetti spettacolari della guerra in corsa, che a discutere i motivi economici e politici sottostanti (e la TV è contento di soddisfare questo desiderio perché così non deve trattare questioni imbarazzanti sul terrorismo che NOI abbiamo fatto in passato, per mettere al potere e sostenere i regimi dispotici nel Medio Oriente).  Ma per distinguere bin Laden da Braveheart è necessario  entrare nei dettagli.  Altrimenti il tuo dibattito finirà col condannare ogni terrorismo (atteggiamento giusto, ovviamente) senza vedere le ragioni dietro (atteggiamento meno giusto): sia quello di Bravehart che quello di bin Laden, sia quello del governo britannico all'epoca (in Scozia e in Irlanda) che quello del governo americano in quest'ultimo mezzo secolo (nel Medio Oriente), persino quello dei Leghisti veneti saliti armati sul campanile di San Marco per chiamare all'insurrezione.  Invece non sono la stressa cosa.  Hai allievi capaci di discutere le differenze?  Forse no.  Sei disposta ad educarli a usare la lingua che imparano per indagare sui fatti (nei siti web, ad esempio) anziché accettare acriticamente la versione che offre Hollywood (e la TV) dei fatti d'ieri e di oggi?  Speriamo.

In quanto ai tuoi suggerimenti didattici, va presa con le pinze la tua affermazione, relativo alle difficoltà di ascolto di un video in lingua per via della velocità, dell'uso del gergo, ma soprattutto -  e questo, non lo dici - per via della non familiarità con le tecniche d'interazione verbale in inglese.  (L'orale ha una logica diversa da quella dello scritto.)    Scrivi che "The missing of single words and expressions or of  longer parts of  dialogue in a film  can be quite a frustrating experience. In order to obviate this drawback, it would be advisable for teachers not to foresake using video tapes with English subtitles."   La frustrazione cui alludi esiste, certo, ma diventa intollerabile solo per chi sente la necessità di capire ogni parola (cosa impossibile, anche in una conversazione nella propria lingua madre se svolta, ad esempio, nel traffico.)  Studenti così vanno rieducati a NON sentire il bisogno di capire ogni singola parola.  Quindi piuttosto che sottotitoli, occorre dare loro esercizi graduali per l'ascolto globale.  Vedi ad esempio i materiali sull'argomento sviluppati dalla scuola di lingue International House, via Marghera.  Certo, il film è lungo quindi potresti alternare sequenze "preparatorie", da visionare con sottotitoli, a sequenze che contengono i contenuti sui quali intendi lavorare (SENZA sottotitoli).

Concordo, invece, interamente con la tua posizione rispetto al dilemma "planned discourse" vs. "unplanned discourse".  Fai cominciare con il primo e sfoci nel secondo.  Dici giustamente che gli studenti devono imparare la "function of suasion, argument, rational enquiry and exposition" ma non descrivi come (ci sono esercizi di preparazione di "argumentative discourse" nei manuali di Academic Writing disponibili nelle librerie inglesi a Roma; questi manuali potrebbero essere troppo avanzati per i tuoi studenti, ma potresti usare i soli esercizi di preparazione.

In quanto al dibattito con un "Scots educational sociologist, sent by the Consulate at the request of the school", temo che lo dovrai trovare tu, normalmente il consulate ha ben altro di cui occuparsi.  Ma ne troverai sicuramente perché ce ne sono a Roma (provare il pub The Fiddler's Elbow, S.M. Maggiore) e i nazionalisti scozzesi fanno salti mortali per venire a parlare della loro causa.
 



 

§  SONIA T. & MARIA M.  -  “Les visages du français à Rome” - spettacolo sulla vita dei francofoni a Roma che coinvolge anche gli alunni di una scuola francese della città.  Altri progetti hanno mirato a portare gli allievi ad immedesimarsi in un personaggio tratto da un film.  Questo progetto li fa immedesimarsi in persone in carne e ossa, ossia in coetanei francesi o francofoni (che studiano al liceo francese di Roma) con cui entrano in contatto; dal contatto possono verificare fino a che punto si sono "messi in sintonia" sulla lunghezza d'onda di un francofono DOC.  Progetto molto ambizioso ma molto bello, descritto con grande attenzione ai parametri pedagogici di cui tener conto.  Purtroppo non ci sono campioni di materiali didattici come nei lavori di Barbara Falzini o di Claudia Pillonca (ma la percezione chiara di una didattica efficace più che compensa).  Un 28 meritatissimo (29 o 30 se fosse in francese) per un modello da seguire senz'altro, sia dagli anglisti che dai francesisti.

Il progetto parla di "scambi costanti tra un liceo romano ed un liceo francese di Roma" - cosa senz'altro auspicabile ma non so fino a che punto realizzabile.  Forse nel breve termine, sì, perché pochi licei romani cercano contatti con il Liceo Chateaubriand.  Ma appena iniziative di questo tipo cominciano a diffondersi, quel pugno di studenti francesi al Chateaubriand potrebbe venir assalito da richieste di scambio da migliaia di studenti romani.  Quando arriverà quel giorno, bisognerà tornare al “virtuale”: cioè, al gemellaggio con scuole in Francia e scambi tramite lettera, videocassetta e Internet.  Intanto non siamo ancora lì.  Quindi il progetto dovrebbe essere realizzabile oggi.

Per quanto riguarda le attività, ce ne sono tante e anche fantasiose.  Qualcuna è fantascientifica: ma quanti "francofoni dei ceti alti" - quelli del liceo - si lasceranno filmare nelle loro attività quotidiane?  Qualcuno è azzeccatissma: ottenuta una serie di interviste di soggetti francofoni a Roma, si procede a fare una "gara a quiz, col solo audio, senza video; i gruppi cercheranno di abbinare le voci della seconda sequenza ai volti della prima. Sarà un modo per testare quanto si sono colte le differenze tra i “parlati” degli intervistati."  Fantastique!  Molto apprezzabile la volontà di far sentire le varietà del francesi, trovando a Roma soggetti somali, canadesi e non solo parigini.  Bello il lavoro "per scongiurare il rischio di fissare degli stereotipi."

Di grandissimo valore anche le "schede linguistiche relative alle differenze osservate (vocabolario, sintassi, pronuncia…), secondo le discriminanti dell’etnia e della posizione sociale... [nonché] schede preparate in base al comportamento linguistico silenzioso osservato (mimica facciale, gestualità, pause, esitazioni.…). "   Un'attività del genere prepara benissimo gli studenti all'ABITUDINE di osservare minuziosamente i "modi di esprimersi" dei nativi parlanti del francese.  Questa abitudine, poi, durante un soggiorno all'estero si tradurrà in un miglioramento assai rapido di capacità espressiva e interpretativa.  Questa attività è proprio il tipo di preparazione che va fatta prima di mandare un ragazzo a fare un soggiorno all'estero.

NOTA:  Il presente progetto potrebbe dare l'impressione di voler portare tutti gli studenti italiani ad assimilare la lingua e cultura francese al punto di poter passare per un francese.   Ma non è questo il vero scopo.  Del resto, sarebbe impossibile raggiungere un traguardo del genere nel tempo limitato di un percorso scolastico.  Inoltre, è lecito chiedersi se un tale traguardo vada ricercato davvero.  Non di certo per quanto riguarda la maggior parte degli studenti. Quelli che andranno a studiare Lingue all’università, sì - ma quanti studenti sono in questa categoria?   No, il vero pregio di questa attività NON è quella di far raggiungere il livello di perfetta assimilazione (cosa impossibile) ma DI CERCARE DI ARRIVARCI pur sapendo la mancanza di tempo.  Poiché così facendo  -  e soltanto facendo così - l'allievo medio capirà cos'è sapere una lingua.   E' un po' come imparare a suonare.  Per capire cosa vuol dire fare musica, per capire che non è una cosa misteriosa ma la dinamizzazione di una certa parte di noi, dobbiamo per forza cercare di imparare a suonare uno strumento musicale -- non importa quale o per quanto tempo.  Non arriveremo mai a diventare musicisti professionisti (tranne quelli che andranno in Accademia).  Ma potremo riuscire a capire - in quanto l'abbiamo vissuto dentro - cos'è fare musica.  Se non ci mettiamo ad imparare a suonare COME SE volessimo imparare DA PROFESSIONISTA lo strumento, per il resto della nostra vita capiremo sì cos'è la musica (per averla sentita) ma non capiremo cos'è fare musica (per averlo sperimentato).

Tutto questo il progetto lo dice indirettamente nei suoi obiettivi.  Si legge infatti che lo studente non diventa pienamente bilingue ma diventa:
-"capace di assimilare ed esprimere modi di essere altro-rispetto-a-sé", in modo da essere
-"preparato alla mediazione interculturale quotidiana".
Sono proprio questi i traguardi di un insegnamento delle lingue in un'ottica comunicativo-culturale.
 



 

CLAUDIA T. - Experiencing a Halloween Party -  Gli studenti si preparano di vivere la sera di Halloween come viene vissuta in Irlanda poi, tramite uno scambio SOCRATES, vanno in Irlanda per vivere quel evento particolare con gli irlandesi.  Se non fosse per l'obiezione che indicherò qui di seguito, questo progetto meriterebbe un 30 senz'altro, in quanto ricca in dettaglio.  Molto ben fatta la SCHEDA PER LO SVILUPPO DI UNA NARRAZIONE FANTASTICA.  Lo consiglio vivamente ai colleghi che vorranno adattarla (per i propri esercizi di avvio alla scrittura creativa): per vederla cliccare qui --> §.  Quindi: scelta di tema = 18,  sviluppo didatticamente intelligente del tema, con schede molto ben fatte = 30, media 24, con 2 punti per un eccellente inglese = 26.

Il progetto, dicevo, è estremamente ben organizzato - dimostri una grande padronanza del mestiere.   Innumerevoli gli spunti interessanti: sul narrare come strumento di apprendimento linguistico; sulla grandezza dei gruppi; sul ricupero delle tradizioni del sovrannaturale degli eventuali alunni extracomunitari nella classe (geniale!), ecc.  Introduci anche una scheda per cucinare una torta di Halloween: la cultura, infatti, si trasmette anche attraverso particolari sapori.   Azzeccatissimo.   Allora cosa non va?

Senza voler essere critico a tutti i costi, contesterei il tema stesso del tuo "progetto comunicativo-culturale": Halloween.  Una cultura non è una serie di manifestazioni folkloristiche; è una particolare forma mentis.  Ma ciò non emerge dal progetto.  Ciò che è tipico degli irlandesi come forma mentis -- ad esempio, la Weltanschauung che produce il particolare guizzo dei poeti e dei cantanti, la tendenza ad accomodare tramite l'umorismo, persino il fascino per il sovrannaturale (gnomi...), ecc. -- non emerge dal lavoro che fai fare agli alunni.  Non credo che verrà percepito e tanto meno assimilato dagli studenti nemmeno attraverso la lettura dei cenni storici.  Dal tuo progetto emerge soprattutto l'aspetto folkloristico di Halloween - i costumi e i rituali, insomma gli aspetti che gli Americani hanno sviluppato e commercializzato e poi ritrasmesso agli stessi Irlandesi e in  tutto il mondo.   (Ho fatto una critica simile sul lavoro di Francesca Larovere - ma il suo lavoro, almeno così mi sembrava, può portare gli studenti ad esprimersi all'irlandese, quindi ha avuto il punto in più.  Il tuo li fa semmai esprimersi nel genere fantastico... ma rimanendo italiani.)

Halloween, dunque, cosa significa realmente per l'irlandese medio?  Forse ben poco oggi, forse sono rimasti solo gli orpelli.  Concentrarsi sugli orpelli non è far entrare dentro la cultura.  In altri progetti la nozione di cultura è rimasta più vicina a quella etnologica che abbiamo usato in classe: cultura è una Weltanschauung, un modo-di-essere, che si coglie attraverso un diverso modo di vivere quotidianamente.  E' la qualità del vissuto quotidiano che fa si che uno sceglie di vivere in un certo paese e dice di non amare vivere in determinati altri paesi - non certo la presenza o assenza di certe ricorrenze come Halloween.    La cosa più incongruente è che sembri sapere tutto ciò!  Lo dici quando riprendi le nozioni di "modo di dire" e "modo di vedere".  Ma temo che non verrà fuori dall'attività complessiva, come l'hai progettata.
 



 

LIDA D.   - Per un corso per adulti all'Università per la Terza Età, visione di un film (Kramer contro Kramer), immedesimazione nella parte del marito o della moglie e quindi dibattito acceso.  Lavoro ben articolato - soprattutto valido è la parte iniziale (profilo degli alunni) - ma che non mi sembra possa servire molto per l'apprendimento della lingua/cultura inglese.  Quindi 23 -- ossia 28 per la prima metà, la definizione del target (sarebbe 30 se non fosse per il linguaggio spesso fumoso),  18 per la seconda parte, ossia la realizzazione.)

A differenza della maggior parte dei progetti, il tuo inizia precisando la prospettiva e il "senso" politico del proprio lavoro come insegnante.  Fa piacere. (La tua prospettiva  è, rispetto alle mie scelte, molto più "istituzionale" ma non importa, ti qualifica comunque come docente consapevole del proprio ruolo nella società di oggi).

Il tuo indole istituzionale si sente anche nel linguaggio da te usato -- anzi, fin troppo.  Usi un linguaggio appunto istituzionale che crea un divario tra classe dirigente e il resto della popolazione -- e che speravo fosse un retaggio del passato.  Invece di dire che i tuoi alunni, tutti anziani, hanno difficoltà ad adattarsi ai tuoi metodi moderni perché "hanno avuto insegnanti tradizionali" o "non sono più abituati a studiare," mi parli "dell'aspetto tipico del loro mondo cognitivo ovvero il ruolo che le penalizzazioni apprenditive, pregresse, svolgono per una mobilitazione della mente nel percorso di rientro in formazione" (tante parole, troppe, e che neanche precisano il tuo pensiero. Ma quali sono dunque queste "penalizzazioni"?  Quelle che io ho espresso sopra con termini più chiari?   Boh. Il lettore deve indovinarle.)   E così di seguito per tutto il resto della relazione.  Povera Italia.

In positivo dai un accurato e dettagliato profilo dei tuoi studenti, in cui si manifesta una certa simpatia per loro.  Ottimo.  Questa percezione ti guiderà sicuramente nel fare le scelte didattiche ottimali.  Apprezzabili anche la difesa dell'insegnamento di una lingua come acculturazione (chiarisce bene il concetto della percezione dell'altro; potevi chiarire meglio il concetto di trasformazione del se, caratteristica essenziale di una acculturazione autentica).  Infine, ho notato la grande attenzione che dedichi ai bisogni psicologici (affettivi, volitivi e non solo cognitivi) degli alunni.  Ottimo.  Ma mi chiedo se non eccedi: dai l'impressione di usare la visione di un film in inglese che parla di un divorzio come psicoterapia per i tuoi alunni divorziati o separati, solo accessoriamente come fonte di forme linguistiche contestualizzate da assimilare.  Non fare della psicoterapia selvaggia, ti prego!

Sul piano didattico, gli esercizi che proponi, basati sulla visione di Kramer contro Kramer, sono tutti di tipo output (fare una mappa concettuale, giustificare il comportamento di lui/lei...).  Ma se le conoscenze pregresse degli studenti sono modeste, bisogna prevedere dapprima molto più input che output.  Come?  Potresti, ad esempio, far fare una mappa concettuale dei contenuti di uno dei monologhi, oppure far prendere appunti delle giustificazioni che lui e lei danno davanti al giudice.  Questi due esercizi migliorano la comprensione orale e fanno acquisire vocaboli ma non solo; nel primo caso, gli allievi fissano il valore delle parole le une rispetto alle altre (rete associative esplicitamente strutturate); nel secondo caso, fissano lo sviluppo tipicamente anglosassone di una argomentazione giuridica.  Questo lavoro di input strutturata prepara al lavoro che tu hai proposto, di tipo output.  Invece nel progetto niente di tutto ciò.  Ecco forse da dove vengono le difficoltà e le frustrazioni nell'esprimersi in lingua che i tuoi alunni hanno affrontato "con determinazione".

Lo so, lo so, i lavori di output sono più gratificanti perché consentono agli studenti di esprimere le loro idee.   Ma se il tuo scopo è quello di aiutarli ad esprimersi rispetto ai loro dilemmi matrimoniali (sempre nell'ottica psicoterapeutica che sembra interessarti molto), fallo in italiano.  Si fa prima e meglio.  Il corso d'inglese dovrebbe servire per acquisire modi argomentativi diversi e rete di associazioni verbali diversi da quelli che gli studenti hanno in testa da italiani.  Se questo scopo non li interessa, se vogliono solo parlare delle loro esperienze matrimoniali usando un inglese-esperanto come tramite, beh, direi che hai un compito preliminare di educazione linguistica da intraprendere.  Chiarirsi con gli allievi cosa vuol dire apprendere una lingua.  Se gli studenti rimangono comunque poco attratti dall'esperienza dell'acquisizione di un altro modo di esprimersi, abbandonate il corso d'inglese.  Trasformatelo in un corso di -- che ne so -- sostegno matrimoniale, integrato con ragguagli filmati sulle esperienze matrimoniali di persone di altre culture (i film sarebbero da visionare doppiati in italiano, a questo punto).  L'importante è che quello che decidete di fare, lo fate con serietà.

Come attività all'interno di un corso di lingua&cultura inglese, dunque, il tuo progetto non sembra dare molto.  Certo, capire l'altro sesso significa capire una cultura diversa (quella femminile o quella maschile), quindi il progetto serve comunque ad educare sul piano  interculturale.  Ma come dicevo prima, se questo è il tuo scopo, lo raggiungerai prima e meglio svolgendo le discussioni in italiano.
 



 

PAOLA D. (Secondo progetto) - Realization of two Tv Newscasts, one American and the other English, with real interviews oF English and American tourists  -- Ottimo lo spunto (con le riserve che dirò in seguito), potrebbe essere sviluppato con più concretezza (vedi i progetti "con il cuoricino" nonché la descrizione dei lavori di Barbara Falzini e Claudia Toppi).  Tra 28 per lo spunto e 24 per la realizzazione finiamo con 26  + 1 punto per l'inglese migliorato = 27.

L'introduzione rappresenta una buona sintesi della nozione alla base dell'insegnamento comunicativo-culturale delle lingue: vale a dire, la nozione che "tutto comunica".  In quanto al progetto, l'idea è eccellente. Soprattutto in quando rende dinamici gli alunni.  Infatti gli alunni, invece di limitarsi ad "analizzare" i vari TG (il che spesso vuol dire indovinare ciò che l'insegnate vuole che essi trovino), realizzano dei TG con tagli culturali diversi.  Così quel taglio, con i suoi presupposti culturali, viene interiorizzato.  Q.E.D.

Buona l'idea di intervistare turisti: la spiegazione della notizia del giorno fatta da un turista - quindi  "dal basso" - potrebbe risultare culturalmente molto più marcata rispetto alla spiegazione della stessa notizia data dall'alto, ossia da un presentatore in un TG ufficiale.

Comunque devi essere consapevole che il tuo progetto potrà non dare i risultati sperati per quanto riguarda la scoperta di differenze tra culture diverse.  Cioè, le differenze culturali tra presentatori britannici e americani (o altri) non saranno così marcate quanto lo si potrebbe pensare.  Le barzellette del tipo "Un inglese, un scozzese, un italiano e un tedesco entrano in un bar..." funzionano perché giocano sugli stereotipi nazionali; pertanto, in questo tipo di racconto le differenze che vengono fuori sono notevoli, anzi sono il fulcro dell'aneddoto.  Ma i presentatori TG tendono a non essere stereotipati.  Anzi, tendono (per lo meno in occidente) a conformarsi ai modelli stilistici dati dalle agenzie (AP, UP, Reuters, Ansa...) e dalle emittenti globali (Sky News, CNN).  E quest'ultimi si imitano a vicenda!

L'uniformità è non solo nello stile di presentazione ma anche nei contenuti dei TG.  Questo perché si è imposto dappertutto in occidente - e non solo - un sistema economico chiamato "libero mercato" (in cui c'è libertà effettiva solo per chi detiene grandi capitali).  Pertanto in tutti i paesi che tu menzioni (GB, USA, Italia, Germania...), fanno notizia soprattutto i fatti che riguardano aspetti del mercato -- in particolare l'accumulazione di ricchezza personale o la sua perdita.  La notizia per eccellenza in questo senso è il movimento della borsa.  Invece, NON fanno notizia nei paesi del cosiddetto "libero mercato" molti eventi che invece risultano di grande interesse nelle società basate sul altri sistemi economico-sociali -- sul corporativismo tipo Cina o sul comunismo tipo Cuba o sul tribalismo contadino tipo Polinesia o sul patriarcato teocratico tipo Iran, ecc.  Un esempio: la notizia della creazione di nuove cooperative nelle zone rurali del paese.  Ne consegue che in tutti i TG occidentali ciò che fa notizia è sempre la stessa roba, o quasi: i buoni sono sempre gli stessi, come sono sempre gli stessi i cattivi (sto parlando non tanto di individui quanto di categorie sociali).  Appaiono sulle prime pagine le stesse persone (o categorie di persona) e vengono lasciate nell'oscurità tutte le altre.  Ecco perché, malgrado ciò che si potrebbe pensare, gli allievi scopriranno poche differenze nei diversi TG.  Questo non vuole sminuire l'importanza di una siffatta scoperta, anzi essa potrebbe risultare utile per far capire loro la nozione di "globalizzazione in atto".

C'è una via di uscita se invece ci tieni ad illustrare le differenze culturali: paragonare non i presentatori dei TG bensì i presentatori delle varietà.  Un Celentano, per quanto internazionalizzato anche lui, risulterà culturalmente abbastanza marcato rispetto ad un showman americano o britannico -- nello stile espressivo ma soprattutto nel tipo di charme (?) che cerca di usare, anche parlando di politica.   Più marcate ancora potrebbero essere le differenze tra gli attori comici dei vari paesi, specie se regionali.  Non mi riferisco quindi a comici come Nichetti (i cui film si giocano sulla fantasia visuale e su universali caratteriali), ma a comici come il primo Abatantuomo o Verdone (quando fa le sue imitazioni romane).  A differenza dei film di Nichetti, i film di quest'ultimi attori difficilmente trovano un mercato all'estero perché culturalmente parrocchiali; offrono tuttavia, proprio per questo fatto, la possibilità di scoprire molte differenze culturali (esagerate, come nelle barzellette) se paragonati ai film comici parrocchiali americani o inglesi.  Un problema: Dal momento che gli USA e la GB tendono a non esportare i loro film e programmi TV se troppo parrocchiali (non c'è mercato), occorre registrarli da una TV satelletare.

In conclusione, il tuo lavoro - come tutte le ricerche empiriche che farai fare agli alunni - porterà senza dubbio a risultati altamente educatori... ma non necessariamente a quelli che tu pensavi in partenza.
 



 

BARBARA F.  (Secondo Progetto) - Un Corso ESP per Cavalieri professionisti - un corso completo, dagli esercizi grammaticali al video per le imitazioni.  Incerta implementazione del meccanismo della trasformazione del se nella comunicazione in lingua.   Ciò nonostante, un progetto di grande acume pedagogico e ricchezza di dettaglio.  Voto 27 per via della prima considerazione, ma se le fotocopie fossero scannerizzate e il video digitalizzato, sarebbe da mettere in Internet come modello da seguire.

Si ha l'impressione, leggendo il progetto, di assistere a due corsi.  Uno, un corso ESP per cavalieri. Il secondo, un corso di glottodidattica per futuri insegnanti di lingue, con dovizia di particolari.  Ad esempio, (1) precisi che va individuata la fonte motivazionale degli studenti (nel tuo caso, la vendita di un cavallo -- pensa un po', avrei giurato fosse il saper cavalcare!), (2) prevedi un esercizio di "riscaldamento" usando annunci economici (attenzione: gli annunci non sono "agrammaticali" bensì ellittici), (3) fai il rinforzo con compiti per casa e in seguito con la telefonata simulata poi vera, (4) prevedi un esercizio creativo (commento sonoro di un video del proprio cavallo) e prevedi persino come fare se l'audio non viene bene in presa diretta (si ricorre ad una audio-cassetta che accompagna il video, di solito la soluzione da usare SEMPRE), (5) scarti come artificioso il role-play fine-a-se-stesso e lo sostituisci con esercizi di simulazione di domande da fare ad un visitatore anglofona (non scordare che il chat su un sito Internet di compravendita dei cavalli può complementare il lavoro di preparazione all'interazione),  (6) prevedi di filmare l'incontro con il visitatore per una successiva analisi delle interazioni,  (7) riconosci la complementarietà delle culture (non sono in opposizione) lasciando che gli studenti arrivino a questa percezione attraverso il confronto di modi di fare in scuderia (io spronerei comunque alla discussione ogni tanto),  (8) sostituisci il "voto" con una valutazione finale e soprattutto le autovalutazioni in itinere... e non ho detto nemmeno la metà dei suggerimenti.

Tuttavia c'è una considerazione metodologica che fai, la quale mi lascia perplesso.  Scarti il lavoro di "immedismazione" proposto nel corso di Glottodidattica II come troppo ambizioso (vedi i miei commenti in merito nel lavoro di Sonia Tanzilli & Maria Grazia Massa).  Inoltre -- scrivi -- un esercizio del genere sarebbe "non necessario" in quanto i tuoi alunni sono "persone adulte, professionisti a modo loro di successo, ma poco inclini all'intellettualizzazione... persone che hanno bisogno dell'inglese per lavorare."   Permetti una precisazione.  E' proprio perché hanno bisogno dell'inglese per lavorare che il saper immedesimarsi potrebbe essere utile.  Leggi sul mio sito web l'articolo che ho appena messo (BOYLAN11): http://host.uniroma3.it/docenti/boylan/text/boylan11.htm

Riconosco che un problema esiste.  Ho detto in classe che le persone adulte già affermate sono infatti piuttosto ostili ad un lavoro di immedesimazione (i direttori d'azienda, ad esempio, sono ossi duri): sono molto, diciamo, "strutturati" per non dire tutto d'un pezzo e per loro un esercizio di immedesimazione sarebbe solo lo "scimmiottamento" di un inglese o di un americano.  Ma tutta la tua classe è così?  Mi pare difficile.  Forse TU sei così e quindi vedi soprattutto quelli nella classe che hanno la tua stessa forma mentis.  (Questo tipo di proiezione, lo facciamo tutti quando insegniamo.)   Invece la mia esperienza è che, anche con allievi "tosti", serve molto fare un TENTATIVO d'immedesimazione -- tentativo svolto non come gioco (per carità, siamo persone serie!!) ma come una cosa molto impegnativo, di sicura utilità in un negoziato, roba da adulti non da ragazzini, roba che i managers di successo hanno imparato dalla vita a fare, anche se è roba necessariamente irrealizzabile appieno nel contesto del tuo corso per via della mancanza di tempo (buttare il problema sulla mancanza di tempo, non sul temperamento troppo rigido dei soggetti).

Comunque, i modi d'interagire sono tanti e non è necessario che i tuoi allievi sappiano adottare i modi espressivi dei loro futuri interlocutori -- ALLA MANIERA dei loro futuri interlocutori -- per riuscire a stabilire intese più proficue.  Ho visto lavorare managers che, anzi, parlando un inglese maccheronico e gesticolando come fanno in italiano, hanno saputo creare un legame di simpatia con i loro interlocutori anglosassoni o tedeschi.  Ma dovevano accettare che gli interlocutori li trovassero simpatici (qualcuno buffoni) proprio per la comicità dei loro modi espressivi.  Può essere una scelta vincente ma la trovo piuttosto umiliante.  Ora tra questi due estremi (buffoni o quasi-nativi-parlanti) ci sono molti gradi.  Io lascerei ai tuoi allievi di scegliere quello che desiderano.  Ma darei loro la possibilità di mirare in alto se lo desiderano e quindi di fare almeno qualche esercizio di immedesimazione per far capire ciò che potrebbe essere, avendo il tempo, sapere una lingua.

Forse è quello che tu intendevi dicendo di fare imitazioni "evitando però la parodia", raccomandazione senz'altro giusta.  Ma se questa precisazione è giusta, non capisco perché usi poi come modello dell'esercizio finale persone con comportamenti assai esagerati (il verboso e il taciturno) -- imitare quelle persone sarà più facile ma solo perché fai automaticamente la parodia della comunicazione umana.  Giusta, comunque, l'idea di far dire agli studenti il "motto" (anzi, una lista di motti) del personaggio che imitano: un particolare modo di agire deve derivare da un particolare modo di vedere l'esistenza.
 
 



 
 

§ CLAUDIA P.  - Creazione di una canzone rap di protesta nello stile dei rappers francesi delle periferie multietniche (nel caso specifico, di Marsiglia).   Idea ripresa da un'attività che abbiamo fatto durante il corso, ma molto più ricco, articolato ed efficace.  Allora perché non un voto di 30?  Come nel caso di Claudia Toppi, tutto fila bene tranne la parte del progetto che riguarda l'assimilazione culturale (l'assimilazione di una forma mentis) -- vedi sotto.  Quindi un 26 ma comunque, malgrado la riserva che esprimo, un lavoro esemplare da mettere in rete.

Il progetto che mira a dare (1.) una conoscenza intima della realtà pluriculturale della Francia moderna attraverso l'acquisizione di un registro (o più precisamente, un socioletto) diverso dal francese standard -- quello della gioventù emarginata (multietnica ma pur sempre francese) di Marsiglia.  (2.) capacità d'immedesimazione in quella gioventù al punto di poter creare e cantare versi rap per esprimere la propria rabbia da emarginati.

Esercizio alquanto ambizioso.  Ciò non è dovuto alla difficoltà per studenti di francese alle prime armi di comporre versi da cantare; infatti, qui viene presentato un metodo che dovrebbe funzionare abbastanza bene -- un metodo molto più articolato e quindi  molto migliore di quello che noi abbiamo usato in classe a titolo di esemplificazione.

La difficoltà dell'esercizio deriva invece dalla necessità di immedesimarsi in personaggi molto lontani dalla realtà della maggior parte degli studenti.  Quando abbiamo cercato di scrivere una canzone country in classe, ci siamo accorti che non bastava la visione di una breve sequenza di Nashville per consentire una identificazione con il mondo country dei protagonisti.  Eppure la musica e il mondo country sono abbastanza conosciuti in Italia.

Gli emarginati francesi, invece, sono sconosciutissimi in Italia, almeno a chi non abbia visto il film Odio (La haine, de Mathieu Kassovitz, tourné dans un banlieu de Paris);  la loro musica rap -- che ha affinità con quella negra americana ma si distacca per contenuti e stile -- è altrettanto sconosciuto.  Far apprezzare la Weltanschauung di quella cultura, senza mezzi audiovisivi e senza esperienze dirette, mi sembra molto arduo. (Quando faccio fare lavori di immedesimazione ai miei studenti, scelgo sempre personaggi americani o inglesi con cui gli studenti possono facilmente identificarsi -- quindi i personaggi piccolo borghesi di Nashville, non i cantanti troppo country per essere facilmente capiti -- o meglio ancora i personaggi dei film di Mike Leigh.)  Nel tuo caso, gli studenti rischiano di farne un'idea del tutto cerebrale degli emarginati marsigliesi, che ha più a che fare con la loro realtà (senso di oppressione a casa a causa di genitori autoritari) che quella dei banlieusards di Marsiglia (nichilismo dovuto allo sradicamento e all'isolamento).  I versi rap dei tuoi studenti rischiano di essere, quindi, solo una parodia del rap francese.  Soluzione: dare, come compito "per casa", quello di frequentare un centro sociale "tosto" a Roma, tipo Forte Prenestino, legandosi in qualche modo con quell'ambiente.  Questo già scuoterà gli studenti e darà loro un feeling (non soltanto un'idea) di ciò che possa rappresentare un diverso assetto esistenziale.  Se fanno un viaggio SOCRATES a Marsiglia, come pare abbiano fatto, approfittare per far ripetere l'esperienza a Marsiglia.  Inoltre, vedere film come, per l'appunto, Odio.  E ancora: sentire un assistente sociale (francese se fosse possibile) che parla delle proprie esperienze con dropouts.  Non solo ma: vestirsi in classe come i protagonisti del film Odio.  Poi con quei vestiti addosso scrivere i versi.  Forse, dopo tutto ciò, gli studenti azzeccheranno un po' di più il senso delle parole di gergo francesi che usano e cominceranno ad usarle (e a reagire ad esse nel sentirle usare in una canzone o in un romanzo) con maggiore attinenza alla realtà.  Certamente, capiranno che una lingua NON è dire con suoni strani (qui francesi) ciò che uno avrebbe potuto dire benissimo in italiano con le parole di tutti i giorni.
 

P.S.
Ton français me paraît clair (c'est l'essentiel: "Ce qui n'est pas clair n'est pas français"), facile à lire, sans beaucoup de fautes d'orthographie ni de grammaire.  Il y a quand même des tours qui n'appartiennent pas au français d'un exposé universitaire.  Dans ton premier paragraphe, par exemple, tu écris:
ce n’est pas une classe à moi   (--> la classe n'est pas la mienne)
j’ai mené mon stage   (--> j'ai fait mon stage)
ils ont de la peine à s’exprimer    (--> ils ont du mal à s’exprimer)
parteciper d’une façon plus active      (--> participer de façon plus active)
et ainsi de suite.  Dans chaque paragraphe il y a quelques fausses notes.
Cela dit, on lit ton exposé sans difficulté et même avec plaisir.

En ce qui concerne les idées que tu exprimes:

"On n’a pas demandé à la classe de chanter le rap."         (-->  dommage)
"Tout ça[cela] a plu énormement à la classe, mais ils n’ont presque pas parlé"     (-->  Leur silence est, probablement, le symptôme du mal qu'il faut soigner en priorité: la passivité mentale.)

On ajoute "à la compréhension et à l’analyse d’un rap des activités de reproduction, de reformulation créative, de recherche et de comparaison avec d’autres documents."
   (-->  Exactement ce qui'l fallait!)

"Je pose à la classe des questions sur le rap: s’ils ont de la peine [du mal / des difficultés] à répondre, ils peuvent parler en italien."    (--> Justement -- parler en français avec toi est nécessairement artificiel, donc on doit être obligé de le faire seulement si on en a envie.  J'ajoute que si, avec le temps, tu trouves dans ta classe de plus en plus d'élèves qui manifestent ce désir, tu auras une preuve concrète de l'efficacité de ton enseignement, qui doit viser à donner des connaissances, oui, mais surtout l'envie d'acquérir des connaissances -- par exemple, en prenant des initiatives comme passer au français en parlant avec toi).

"On peut reformuler la même phrase en imaginant de l'utiliser [qu'on l'utilise] dans un contexte différent."     (--> L'intention est excellente --les élèves doivent comparer les sens en comparant les contextes.  Voir toutefois les objections que j'ait faites en anglais.  Sans des expériences réelles (de "vie vécue" -- même à travers le cinéma...) le mots contestataires que tes élèves écrivent resteront vides de sens, ou avec un sens qui concerne peu les marginaux des bidonvilles marseillais.)

"On chante la même chanson plus d’une fois, en essayant de suivre la cadence rythmique du rap et de reproduire l’accent, le ton et le style du rappeur."     (-->  excellent -- la musique ferà "sentir" une partie des valeurs des marginaux marseillais.)

Ta méthode pour enseigner a rédiger un texte rap est excellente!  Voir mes observations en anglais.  J'ajoute que tu as tout à fait raison de proposer les activités suivantes:
"Devoir. Création des lyrics [paroles] II.  -  Les groupes se donnent rendez-vous hors-classe [en dehors de la classe] pour terminer la composition du rap.
Exécution des nouvea[u]x raps.  - Chaque groupe chante son rap. La classe vote [choisit] le meilleur. On réalise un CD."
Genial.
 
 



 
 

SANDRA R.  - Sette attività, la maggior parte di tipo comunicativo tradizionale, a cui si propone di dare un valore interculturale facendoli svolgere con studenti di altri paesi usando l'inglese come lingua franca (ma ciò basta per far acquisire una lingua come cultura?). Progetto molto lungo e complesso (venticinque pagine, dicesi 25!) pieno di richiami alle nuove tecnologie, spesso con più fumo che arrosto. Insomma una impostazione comunicativa classica fatta passare come innovativa -- tranne nel secondo anno del progetto, ma che occupa solo due pagine sulle 25. Pertanto 24 per il valore interculturale complessivo, 24 per la didattica "nuova" considerata complessivamente, 26 per i mezzi informatici usati, 30 per l'impegno profuso. Media: 26.

Vediamo il progetto in dettaglio.

Approvo senz'altro gli scopi che tu ti prefiggi (ma, come dirò meglio in seguito, non la tua realizzazione). Per gli scopi scrivi:

"The following project aims not only to promote the intercultural interiorizzation, but also to dispel those students' lack of self-esteem. Motivation, a positive attitude, purposefulness and commitment are to be as its key factors."

Questo passo mostra una buona sensibilità al problema della motivazione -- il primo problema in assoluta che va affrontato e superato. Mi sono piaciuti anche i commenti sul sentimento di incapacità che genera l'insuccesso comunicativo. Quindi il secondo compito dell'insegnante è quello di creare situazioni in cui gli allievi possono RIUSCIRE a comunicare con successo.

Approvo anche i traguardi specifici del tuo corso - l'assimilazione della lingua inglese per la comunicazione intgerculturale a partire da una conoscenza di se stesso -- oppure, come tu scrivi:
"become aware of one's culture, its relativeness and multiplicity of potential expressions. Awareness of oneself and others as members of a the social group"

Continuo ad essere d'accordo con te quando scrivi che la chiave dell'apprendimento interculturale sta in questo traguardo:
reciprocal and emotional constructive "rapport" among students, widening of their cultural views, development of cooperative skills;
(purché il tessuto emotivo di Giovanni diventa inglese e il tessuto emoltivo di John s'italianizza, ecco quello che dovrebbe essere, a mio parere, lo scopo delle interazioni affettive e volitive).

Comincio a non essere d'accordo, invece, quando elenchi gli altri punti, che pure potrebbero sembrare farina dello stesso sacco. Scrivi, ad esempio, che un ulteriore traguardo è:
to carry out an active and cooperative learning, to develop self-learning skills;
acquisition of intercultural linguistic skills and communicative strategies related...

Ma le attività che poi descriverai sono essenzialmente cognitivi. E non acquisti intercultural linguistic skills attraverso cooperative e self learning, se sono di natura squisitamente cognitiva. Bisogna invece creare attività di forte connotazione affettiva e volitiva nelle due culture. Ma questo non appare nel tuo progetto.

Le cose peggiorano quando entri, appunto, nei dettagli.
Trovo dispersivo il topic field:
Topic field:
Culture, Mass media and Telecommunications, Environment and Ecology, Travelling and Tourism, Traditions anf Folklore, Industry and Economics.

Soprattutto trovo dispersivo il numero di paesi che progetti di coinvolgere:
d) Countries attending:
Italy, Germany, Estonia, Denmark, Sweden, Greece, France, Finland, Sweden.

E' vero che ogni allievo relaziona con uno (o più) allievi di un unico paese straniero; quindi la dispersione non riguarda percezione frammentata di troppe culture diverse. La dispersione rimane, però, per quanto riguarda gli sforzi del docente che deve fare un enorme lavoro organizzativo (collegamenti con 8 paesi diversi) e di preparazione culturale. Se ce la fa, benissimo, introduce la classe al concetto di un'Europa più grande. Non credo che molti docenti vorranno intraprendere un lavoro di questa entità. (Del resto, come mai non includi paesi di lingua inglese se si tratta di una acculturazione ANCHE all'inglese?)

Confesso che mi sembra che, per scrivere il progetto per il nostro corso di Glottodidattica, tu abbia preso un progetto SOCRATES o simile da te usato in altre occasioni, inserendo pezzi del nostro corso o dei miei scritti per dare una verniciatura di impostazione interculturale. Ma è l'impianto che non va, cioè l'impianto del presunto progetto SOCRATES riciclato, che mira a dire conoscenze comunicative delle lingue ma non comunicativo-culturali. Mi spiego.

Saper usare l'inglese per parlare con un tedesco, con un danese, con un greco ecc. sarebbe effettivamente aver acquisito una competenza interculturale. Ma soltanto se usi l'inglese per parlare al tedesco DA TEDESCO, per parlare al danese DA DANESE, per parlare al greco DA GRECO, ecc. Cioè, diventa comunicazione interculturale autentica se ti sposti nell'ottica culturale del tuo interlocutore (o se lui fa il salto, oppure se fate un salto tutti i due, creando un terzo spazio). Ma non dai nessuna preparazione in questo senso.

Quello che si può ottenere con le attività previste dal tuo progetto, rimane una conoscenza del tutto tradizionale -- quella delle vecchie attività comunicative, ma ora svolte tra studenti di culture diverse. Attenzione, però: il fatto che vengono svolte tra studenti di culture diverse non garantisce la comunicazione interculturale. E a mio parere, a ben vedere il tuo progetto, non può avvenire una effettiva educazione alla comunicazione interculturale.

Infatti, i ragazzi partecipanti al tuo progetto non possono approfondire la mentalità dell'altro perché non sono in contatto con le stesse persone per l'intero corso; inoltre devono cambiare "paese di contatto" in continuazione. I ragazzi, dunque, sicuramente impareranno a comunicare come comunica qualsiasi turista che sa male la lingua del paese che visita, gesticolando, facendosi capire con frasi fatte, ecc. ecc. Non c'è nulla d'interculturale in tutto ciò. Anzi, è l'opposto dell'interculturalità: i ragazzi impareranno ad usare l'inglese come nei chat, cioè unecomunicative,specie di Esperanto (non come lingua con una sua dimensione culturale) e impareranno ad usarlo per discutere con "gli stranieri" soprattutto argomenti neutri, tipo la musica di Sting, il fast food di Big Mac, le lacrime facili per Lady Diana o le Twin Towers (ma non per il giudice Falcone o per gli arabi colonizzati da noi), e tutti gli altri emblemi di appartenenza alla Cultura Globale Massmediatica che Bennetton e la Coca Cola ci propongono nelle loro pubblicità. Proprio l'opposto della comunicazione interculturale. Dopo un'ora di conversazione su questi temi in un inglese Esperanto, puoi anche non capire NULLA dell'altro in quanto altro.

Quindi ti ringrazio di avermi citato ma sarei più lusingato se mi avessi capito. (Non imputo la colpa a te, probabilmente sono io che "scrivo difficile" e il tuo progetto conferma questo fatto.) Mi citi quando scrivi: "Behaviourally speaking, a 'message' is the cognitive-affective-volitive modification, often only momentary, that occurs in receivers during a meaning-sharing event". Cioè, per essere un messaggio, l'emissione del ragazzo tedesco deve produrre un cambiamento cognitivo-AFFETTIVO-VOLITIVO nel ragazzo italiano, spostare l'ottica e i sentimenti e la voglia di fare di questo. Ma ciò non sembra avvenire nelle attività da te proposte. Si limitano quindi a ciò che in linguistica chiamiamo "comunicazione fàtica" (phatic) - banalità il cui scopo è semplicemente di mantenere un qualche contatto.

Mi citi più avanti scrivendo: "Students learn that communication 'is a problematic co-construction of a culture-bound Weltanschauung'." Magari lo imparassero! Ma dov'è la problematicità nelle comunicazioni nelle tue attività? Come fanno il ragazzo tedesco e il ragazzo italiano, attraverso un uso banalizzante dell'inglese (perché non l'hanno imparato come veicolo di una forma mentis), a costruire insieme una nuova mentalità o Weltanschauung, intrisa di una delle loro due culture? Boh. Non certo attraverso domande del tipo: "" What's your name? ", "What's your address?", "How old are you?", " Where were you born?" "What do you like to do in your free time?", "What's something you do well"? "Who do you live with?" "Which sports do you like"? " ecc. ecc. Ne attraverso tematiche di discussioni come: "Food and Eating, Economics, Jobs & occupations, Love, dating & marriage, entertainment, hobbies and spare time activities, holidays, Music, Climate, The weather [due volte la stessa cosa??], Daily routine, Environment, Tele-communication culture ( televison, cellular phone, etc.)."

Alcune rubriche sono promettenti, ma rischiano di essere trattati superficialmente vista lo spazio minimo che possono occupare in tutto il canovaccio: Friends and rules of interactions ( register used, quality of relationship, the way to make friends), Family and rules of interaction." Lo stesso dicesi delle osservazioni comportamentali: esse non porteranno ad una vera immedesimazione culturale perché non viene messa in chiaro la chiave della mentalità dell'altra cultura; si rimane all'esterno, sulla superficie: "What are the rules about greeting people in your country?", " When do you shake hands?", "When do you kiss?","What about when you say goodbye?", "On which occasions you might be expected to kiss someone on both cheeks"?.

In che modo allora entrare nella Weltanschauung dell'altro? Vedi i lavori con i cuoricini su questo sito. Puoi vedere utilmente anche molti degli alti lavori, quelli che mettono in risalto il concetto di valore esistenziale (hanno di solito voti alti).

L'attività 7 che tu prospetti, nonché l'attività 6 ma solo se fatto con certi criteri che qui non è il caso descrivere, potrebbero costituire valide attività interculturali come quelle segnalate con il cuoricino. Ma esse rappresentano solo DUE ORE di lezioni. In due ore non fai nulla, assolutamente nulla. E le altre 12-16 ore? Rischiano di soffocare, essendo più numerose, le due ore dedicate all'attività 7. Le schede nell'Appendice sono eloquenti: sono TUTTE dedicate ad attività tipo 1 - 6.

Il secondo anno che prospetti prevede attività di autentico apprendimento comunicativo-culturale delle lingue. Ma ne parli per accenni in una pagina e mezza su 25! Troppo poco per valutarne l'impostazione.

Se il Progetto da te presentato è effettivamente un progetto SOCRATES riciclato, posso anche capire perché avrà avuto successo presso qualche funzionario di Brussells. Il progetto dà quelle conoscenze banalizzante e europeizzanti (nel senso di denominatore comune) riproposte in continuazione in programmi televisivi come Giochi senza Frontiere, dove le differenze culturali vengono proposte come stereotipi e dove il vero messaggio del programma è che queste differenze non contano, sotto sotto siamo tutti nella stessa vasca. Beh, non mi pare cultura, questa ottica. Può essere senz'altro utile per (come tu scrivi) una "European Survival Guide". Ma non fa capire l'Altro da di dentro e quindi non getta le basi per una pace durevole. Ti fa sopravvivere all'estero, ma sopravvivere non è conoscere. Dopo 16 ore della roba che hai presentato nelle prime 6 attività, l'Altro rimane altro, con le sue curiose abitudini che ora capisci ma che non senti come parte di te. E di conseguenza l'Altro rimane sempre un possibile nemico, facile da odiare in vista di una prossima guerra. Mentre se l'avessi dentro di te, non potresti facilmente sparargli addosso.
Meditate, gente, meditate.
 
 



 
 

ALESSIA M.   -  Studio del concetto di "etnicità" ben condotta; il progetto vale come introduzione alla sociologia o alla etnologia, ma non come attività comunicativo-culturale di assimilazione della lingua inglese. (Spiegazioni sotto). Quindi 24 + 2 punti per un eccellente inglese.

Le tue premesse metodologiche sono molto ben articolate. Ad esempio:
"In order to promote an intercultural dimension, the activity starts by creating an emotional bond between the Pakistani grown children portrayed in the film and the Italian students" -- è proprio il stabilire un legame affettivo (tu scordi però il
VOLITIVO) che manca in molti altri progetti, ad esempio quello precedente.

Bene le domande:
""Can you mention some ethnic groups in Rome?"; "Do you know a specific place where this community usually meets?"; "Have you talked with any members of these ethnic communities?
ma era meglio farli andare a piazza Vittorio, ecc.

Ora arriviamo al cuore del progetto: il film e poi l'intervista.
In quanto al film c'è un fraintendimento. Tu scrivi:
"watching is an effective didactic resource because it exemplifies the communicative approach which concentrates on 'what to do' with a language rather than on the linguistic system as such".
Mah! Hai descritto bene il comunicative approach ma che c'entra guardare un film, che rimane una comunicazione monodirezionale quanto la lettura di un romanzo o di un esercizio grammaticale? Anzi, l'esercizio grammaticale richiede un maggiore impegno attivo da parte dello studente (non solo nell'interpretare ma nel produrre linguaggio).

Cara Alessia, "comunicativo" vuol dire "realizzare in un contesto reale con interlocutori reali un intento espressivo realmente sentito" -- ecco perché un esercizio grammaticale fine a se stesso non è comunicativo; la presenza o assenza di mezzi audiovisivi non c'entra. Ed ecco perché scambiare videocassette con gli allievi di una scuola inglese sarebbe un'attività davvero comunicativa. Nel fare la loro videocassetta in cui raccontano una storia o se stessi, gli allievi italiani cercherebbero di "realizzare in un contesto reale con interlocutori reali un intento espressivo realmente sentito"; non solo ma nel vedere la videocassetta degli allievi inglesi, gli allievi italiani si metterebbero nel circuito in cui qualcuno (la classe inglese) sta cercando di "realizzare in un contesto reale con interlocutori reali un intento espressivo realmente sentito", quindi anche la visione della cassetta inglese in questo caso sarebbe un'attività comunicativa.

"Ebbene - mi dirai - se gli allievi sentono il messaggio di East is East come diretto a loro e s'ingaggiano in un lavoro di dialogo con il regista per persona interposta (la persona sarebbe il protagonista del film), allora in tal caso anche la visione di un film è comunicativo, no?" A cui rispondo: sì, certamente. Pure la lettura di un romanzo, se fatto con questi criteri. Ma quante volte viene fatto con questi criteri, per TUTTI gli alunni? Ecco perché insisto su attività in cui gli allievi cercano di "realizzare in un contesto reale con interlocutori reali (in carne e ossa) un intento espressivo realmente sentito" -- perché in questo tipo di attività anche l'allievo poco motivato capisce quella funzione di "appello" (Buehler, Sprachtheorie) che deve caratterizzare la comunicazione linguistica. Anche se si sta addormentando, sente che qualcuno si sta appellando a lui.

La tua Tappa 4 (ricerca in Internet) è una versione moderna del compito a casa in cui l'alunno ricerca nell'enciclopedia. Come la visione del film, non è intrinsecamente comunicativo né culturale. Dipende dall'uso che gli allievi fanno di questi mezzi. Stanno realizzando intenti comunicativi loro realmente sentiti? O stanno facendo un compito per il professore?

Autenticamente comunicativa, invece, è l'attività di intervista che proponi (ci mancherebbe altro che non fosse comunicativo!): dici bene "The interview with native speakers is an effective comunicative activity because it takes place outside the classroom and it makes the student into contact with an authentic situation which stimulates him/her to express his/her feelings in English without those inhibitions conveyed in some cases by the school context". Ma non comporta (né deve comportare) una fase di introiezione di valori e quindi di trasformazione del se. Quindi non è "culturale". Gli allievi rimangono loro stessi, dietro una lastra di vetro, a guardare l'Altro. Non sono previste altre attività per insegnare loro ESPERIENZIALMENTE che una lingua è anche un diverso assetto esistenziale, quindi secondo la nostra definizione, il tuo progetto NON è comunicativo-culturale, bensì comunicativo con informazioni culturali come orpelli.



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