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Le scorie passano per Eboli, ma si
fermano a Scanzano |
di Michele Cecere
Rete dei movimenti |
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«Che sarà, che sarà,
che sarà di Scanzano, chi lo sa, non vogliamo nucleare ma qualcosa
in cui sperare, magari un futuro da realizzare», cantavano una ventina
di ragazze attorno a un bivacco improvvisato sulla statale jonica domenica
16 settembre. Quella delle scorie nucleari a Scanzano Jonico, una delle
zone più floride della ancor depressa Lucania, poteva sembrare
una barzelletta, ma non è affatto così. Già, perché
mentre gli americani le loro scorie le hanno messe in un deserto, il governo
italiano sceglie una delle zone in cui la produzione agricola è
elevata e di ottima qualità e il turismo comincia a far scintille
(6 villaggi turistici in costruzione ed investimenti, anche statali, per
decine di miliardi di vecchie lire) con una costa tra le più belle
e ancora in buona parte intatta.
Chi vive qui non può evitare di pensare al grande Carlo Levi, lo
scrittore piemontese che proprio da queste parti visse il suo esilio durante
il fascismo e qui pensò il suo Cristo si è fermato a Eboli.
Oggi molti pensano che le scorie non si fermeranno ad Eboli, ma proseguiranno
fino a Scanzano. L’avversario quest’oggi è proprio
un piemontese, quel generale Carlo Jean responsabile della società
che sta curando la sistemazione delle famigerate scorie. Non sembri assurdo
il confronto tra due figure tanto lontane come quella dello scrittore,
che tanto denunciò le condizioni di sottosviluppo del sud, e del
generale che, in questa storia dell’anno 2003, assume i panni di
chi vuol negare uno sviluppo sano a questa parte di sud.
Se parli con Franco Lupoli, una vita trascorsa a Modena e poi rientrato
a Scanzano a fare il ristoratore, capisci che questa è una terra
che ha già da tempo imboccato la via dello sviluppo. Sono in tanti
i lucani tornati alla base, dopo anni di emigrazione, un po’ per
nostalgia, un po’ perché turismo e agricoltura prosperano
da queste parti. Nel suo ristorante passa una signora bionda dal forte
accento padovano. «Ma ce l’avete sempre con Berlusconi»,
esclama. Scopriamo poi che si tratta di un’imprenditrice venuta
a Scanzano per avviare una ditta di esportazione di prodotti ortofrutticoli,
oltre che per fondare il circolo locale di Forza Italia. A chi venderà
i prodotti di questa terra, visto che già iniziano le disdette
degli ordini d’acquisto?
Franco Lupoli ci lascia dinanzi a un buon piatto di orecchiette, deve
tornare sulla statale a dare man forte agli altri che sono impegnati nei
blocchi della strada, l’unica ad unire la Puglia alla Calabria.
Noi invece andiamo a vedere gli “accampamenti”, le terre occupate
da giovani, no-global, contadini, operai e semplici studenti, al grido
«La terra è nostra». Terzo Cavone è la zona
prescelta per il cimitero delle scorie, qui sembra di vedere i gruppi
deicontadini brasiliani “senza-terra” quando occupano le immense
terre abbandonate dei grandi latifondisti. E pure quello è un altro
Sud! E sembra che il tempo non sia davvero passato da quella canzone riesumata
venti anni fa da Eugenio Bennato, “Libertà”. «'O
vero lupo ca magna e creature- diceva- e' 'o piemuntese c' avimm' a caccia,
tutte 'e paise d' 'a Basilicata se so' scetate e vonno lutta’, pure
'a Calabria s'e' arrevotata e stu nemico facimmo tremma'. Che il Sud si
stia finalmente accorgendo di un governo capace solo di fare gli interessi
di qualcuno che sta un po’ più su?
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