n° 106 - giugno   2003     

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Il potere dei cittadini e il nuovo Ulivo. Girotondi a convegno
 

Barbara Fois

L'incontro di Cagliari (31 maggio-1 giugno) è cominciato con qualche equivoco e qualche polemica, che poi si sono chiariti. Tutto è partito dal nome: "congresso", usato assolutamente in buona fede nella sua accezione scientifica: l'occasione cioè nella quale si confrontano i risultati delle singole fatiche, dei percorsi, delle analisi individuali. Un momento soprattutto di confronto, che non necessariamente porta a una sintesi collettiva finale, anzi: proprio non la prevede! In questo caso il termine era più che azzeccato: cos'era infatti questo meeting, se non l'opportunità per chiarirci le idee su una serie di punti importanti, nodali, del nostro percorso individuale e collettivo?
L'ordine del giorno dei lavori lo diceva chiaramente, del resto: il primo giorno era dedicato alla discussione dei rapporti fra noi dei movimenti, dentro e fuori la Rete, mentre il secondo giorno era dedicato alla discussione di un tema delicato, come il nostro rapporto con i partiti. Ci è stato fatto notare che tuttavia, in politica, il termine "congresso" aveva un ben altro significato e il nostro appuntamento rischiava di sembrare la fondazione di un partito… Siccome nessuno di noi voleva questo - evidentemente - l'abbiamo cambiato in convegno. Ma forse avremmo gradito che ce lo si dicesse senza tanta arroganza e supponenza, nel tentativo maldestro di far sembrare il nostro convegno poco più di una riunione di condominio e noi un pugno di egocentrici con manie di grandezza.
Abbiamo risposto in modo pacato e spiritoso, credo, attenti a non creare spaccature inutili, ma ricercando sempre invece - con maturità e consapevolezza - quell'unità per cui tutti siamo scesi in piazza. Nel movimento - ed è questa la sua ricchezza - c'è posto per tanti diversi modi di pensare e di sentire, nonostante ci sia qualche giornalista stupido e disinformato, che confonde i movimenti con qualche vip dei movimenti. Non ci sono primogeniture da rispettare, né sono necessari atti di vassallaggio per assicurare a una ristretta e autoreferenziale nomenklatura, una leadership sempre più incerta e meno autorevole: non siamo nella logica dei partiti, per fortuna. Nessuno è a capo del movimento, che lo si creda o meno. E non esiste chi decreta, aprioristicamente, l'universalità o la parzialità di una iniziativa. Chiunque lo crede sbaglia. E di grosso. E direi che il convegno di Cagliari lo ha abbondantemente dimostrato. Anche se una certa stampa, cosiddetta "libera", ci ha ignorato volutamente. E' un limite molto grosso e anche pericoloso, in un momento di così grave rischio per la nostra informazione! Molto ottuso e stupido, direi. Ma è anche logico e funzionale alle nomenklature dei nostri partiti cosiddetti "democratici", che hanno già stabilito - unilateralmente, naturalmente - quello che i movimenti possono essere. Prima di tutto, naturalmente, non debbono infastidirli troppo, né mettere in dubbio la loro leadership. Vadano dunque in piazza e girino su se stessi, in una infantile e innocua sindrome del derviscio, ma non chiedano di essere di più di quello che si consente loro di essere e di fare: i grilli parlanti. Tanto poi basta un ben assestato colpo di scarpa a zittirli, al momento giusto. Se vogliono essere di più e contare di più, basta ignorarli sulla stampa e nessuno lo saprà mai. Be', non c'è male come logica: molto di moda al momento. Zittiamo le voci che dissentono e dopo un po' spariranno… Ma non è proprio quello che vogliamo noi cittadini ed elettori, che siamo scesi in piazza proprio per avere una informazione libera, oltre a tutto il resto che ci è stato tolto. E non lo vogliamo certamente noi di quella gran parte dei movimenti che si è coordinata in una Rete e ha deciso di lanciare ai partiti l'invito a fare, finalmente, questa benedetta costituente del nuovo centrosinistra. Per questo a Cagliari è stato votato a grandissima maggioranza (veramente la motivazione dei tre voti contrari era non sul contenuto del testo, ma su una frase che veniva valutata troppo dura nei confronti dei partiti) un documento che invita tutti i movimenti a riunirsi a Milano e a stilare quel programma che verrà poi discusso coi partiti, in una Assemblea costituente.
Il nostro incontro in Sardegna è andato, cioè, ben oltre quello che potevamo sperare. Ci riunivamo per chiederci cosa fare e in che direzione andare e abbiamo scoperto che volevamo tutti una sola cosa: contare sulle decisioni dei nostri partiti e portarli alla vittoria sulla destra, consenzienti o riottosi. Perché non sopportiamo più di vivere in un paese che ha perso ogni credibilità all'estero, che ha perso ogni dignità davanti ai suoi cittadini, che ha dimenticato ogni regola di vivere civile, ogni rispetto, ogni certezza di giustizia e di equità. Che in un fasullo liberismo, sfrenato e assurdo, ha perso ogni senso di umanità e di fratellanza, aizzando i cittadini all'odio e alla xenofobia. Non ci importa delle logiche egoistiche e narcisistiche delle leadership attuali dei nostri partiti, quelle stesse che hanno perso le elezioni nel 2001 e ora sono lì a pavoneggiarsi di aver vinto qualche comune e qualche provincia, senza nemmeno ringraziare i movimenti a cui lo debbono! E vogliamo che si tolgano di mezzo, che se ne tornino a casa, se continuano a bizantineggiare, a traccheggiare e a dividersi su questioni di supremazia. Abbiamo un potere enorme noi cittadini e adesso finalmente ne siamo consapevoli: noi siamo i loro elettori e, come li abbiamo eletti, possiamo rimandarli a casa. Nessun dio ha dato loro la corona e li ha posti sulla sedia a cui sono così bene incollati: il potere che hanno lo debbono a noi e noi siamo stanchi della stoltezza con cui lo hanno usato. Cagliari non è stato che il primo passo verso questo affrancamento: Milano segnerà il momento in cui dettiamo loro anche le regole e indichiamo obiettivi e programmi. I partiti sono importanti, ma non sono tutto. E soprattutto non sono niente senza la fiducia e la delega dei cittadini. Le nomenklature che li dominano e che li hanno svuotati di significato e di presenze, lo hanno dimenticato e hanno creduto per troppo tempo di essere una casta intoccabile e la loro boria insensata, divenuta pian piano delirio di onnipotenza, è stata per noi catastrofica. Vogliamo una nuova classe dirigente, credibile e affidabile. Ci sono deputati e senatori dell'Ulivo e del centrosinistra che sono dalla nostra parte, cioè dalla parte dei cittadini: valorizziamoli! Scegliamoli come nostri referenti, indichiamoli come rappresentanti con cui vogliamo trattare. Salviamo il buono che c'è ancora nei partiti e che è sacrificato da una nomenklatura che ha distrutto tutto: anche le speranze dei suoi elettori. E ricostruiamo insieme il nostro paese. Tutti noi siamo pronti a farlo, possiamo farlo, dobbiamo farlo, vogliamo farlo.

 
aprile
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Il Peggiorista
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Il potere dei cittadini e il nuovo Ulivo. Girotondi a convegno
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