Marina Minicuci
Siamo nel 2001, uno degli anni più infausti della nostra storia. La Casa delle impunità vince le elezioni con una schiacciante maggioranza parlamentare. A poche settimane dall'insediamento, il governo mostra il suo inquietante profilo con la mattanza al G8 di Genova. L'intenzione è quella di frantumare il movimento new global, criminalizzandolo. Fa paura che alle tute bianche, disobbedienti dei Centri sociali, e ai rifondaroli, pronti a gridare no a qualsiasi cosa gli si pari davanti, si siano unite le associazioni umanitarie e il mondo del volontariato, i cattolici e i protestanti, gli scout e le suore, i nonni e i nipotini, gli ecologisti e i sindacati, gli artisti e gli intellettuali, gli zapatisti e las madres de mayo, dando vita al più colorato ed eterogeneo movimento che la storia ricordi. Sconfiggerlo si può, applicando la ricetta già sperimentata con successo altrove. Si fanno entrare i black block in città. Si infiltra qualche sbirro fra di loro, caso mai ci fosse bisogno di una mano. Si lasciano agire indisturbati, ignorando accuratamente ogni segnalazione e denuncia. E poi si criminalizza tutto il movimento. Ma il diavolo, si sa, spesso dimentica i coperchi. E così sfugge un fatto nuovo per dimensione: la moltitudine di videocamere in quei giorni a Genova era impressionante. Spuntavano in ogni dove e malgrado buona parte di esse siano state spaccate dai manganelli insieme alle teste di chi le possedeva, per il governo non fu possibile oscurarle tutte. Resta documentata ogni barbarità. Ed è da quel drammatico evento che prende l'avvio, in Italia, un nuovo modo di pensare la televisone. E chi meglio dei discoli degli anni Settanta, gli ex ragazzacci delle prime radio pirata, potevano chiamare a raccolta gli smanettatori delle video camere! Avvenne nel dicembre del 2002. L'Ambrogio (al secolo Giancarlo Vitali) che di milanese ha solo il soprannome e non sa neppure perché, li convoca a Bologna nella sua neonata Orfeo tv, prima tv di quartiere, e racconta che se molti faranno come lui si potrà formare il primo network d'Italia. Basta scovare un cono d'ombra, che è una zona franca dove non arriva il segnale di un determinato canale. Ci si inserisce lì e si trasmette senza disturbare le altre frequenze che popolano il fitto catasto dell'etere. Basta munirsi di una volgare antenna direzionata ad hoc e di un trasmettitore, piccolo la metà di un video registratore. Se non si ha nessuna nozione tecnica per il fai da te casereccio, si può acquistare per circa 1300 euro un kit tutto compreso, anche l'installazione dell'antenna e la ricerca del cono d'ombra. Nascono così le emittenti più deboli del pianeta, quelle di mezzo watt (uno se dotate di amplificatore). Micro tv intente a tessere con pazienza la rete di un progetto orizzontale che non cerca capitali miliardari per esprimersi e non insegue velleitari progetti imitando la tv che biasima. Il punto di forza di questa mobilitazione dovrebbe essere la moltiplicazione delle iniziative. A oggi sono circa 100 le tv di quartiere, o di strada che dir si voglia, in Italia, anche se la gran parte di esse sono ancora virtuali, o trasmettono sporadicamente. A parte Orfeo, la madre di tutte le telestreet, l'esperimento più avanzato è quello di un gruppo di ragazzi che hanno installato al nono piano di un palazzo nel cuore di Roma la propria base operativa. Se abitate a San Lorenzo li trovate sul canale 26 Uhf dalle 21 alle 24 e oltre, ogni sera, tranne il sabato, serata in cui consigliano di uscire quantomeno a fare una passeggiata. E se siete imbranati e da soli - ne siete certi - non troverete mai il canale, chiamateli la sera al 334.3477067 e vi forniranno assistenza a domicilio. Si chiama TeleAut ("oppure" in latino) nome che Niccolò, talentoso regista e montatore, ha voluto dargli in memoria di Peppino Impastato, assassinato nel maggio del 1978 perché raccontava dai microfoni della sua Radio Aut, a Cinnisi, sapide favolette tutt'altro che immaginarie, di un paese chiamato "mafiopoli". Il palinsesto di Tele Aut è di tutto rispetto: ottime inchieste (quella sull'Auditel è stata proiettata anche a Scienze della comunicazione), servizi giornalistici, servizi sul quartiere, ma anche programmi craccati e scaricati da internet e cortometraggi di giovani talenti, uno spiritoso Tg Aut con tanto di compìto e sobrio presentatore, di nome Donato, in giacca e treccine rasta. Tecnicamente, pur se con irrisori mezzi, il livello non è inferiore a quello della Rai e delle altre tv berlusconiane. Tuttavia nei contenuti è imparagonabile. Qui non v'è traccia di stupidaggini condivise, del conformismo delle opinioni, dell'omologazione dei gusti, della imperante volgarità della ricchezza facile e soprattutto dell'informazione piallata, vuota. Tutti quelli che seguono Tele Aut ne sono entusiasti, come me d'altronde. Tele Aut, come il Chievo, è una squadra di serie A in un quartiere, ma della mobilitazione e del sostegno di tutto il quartiere avrà bisogno per continuare a vivere e diffondersi in altri quartieri, in altre città. Il sindaco di Roma, Veltroni, ne è a conoscenza. Ora è necessario che i rioni si mobilitino a sostegno delle iniziative, che si metta in moto il tam tam coinvolgendo negozianti, associazioni di volontariato, sezioni di partito, rappresentanti politici, gente della strada. Troverete tule informazioni sulle tv di quartiere italiane su www.telestreet.it.
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