n° 109 - ottobre   2003     

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Retedeimovimenti: Il trucco dei sondaggi
 

Marina Minicuci

Quanto più si rileva la tendenza a rifugiarsi in un pensiero rudimentale, semplice e irrazionale tanto più l'estrema complessità del mondo moderno richiederebbe analisi e azioni politiche complesse e di ragionata elaborazione.
Diciamolo con chiarezza: l'intelligenza è complessa, la stupidità è semplice. Un eccellente esempio di stupidità è la classificazione manichea del dualismo fra bene e male, buoni e cattivi, proposta dal presidente Bush e subito cavalcata dai nostri governanti.
Mentre l'irrazionalità, specie in politica, è un'autentica calamità perché implica la perdita della responsabilità. Non credo sia azzardato affermare che la razionalità favorisce la giustizia. O, per meglio dire, quando ci si muove nell'irrazionale, viene meno anche la responsabilità e quindi la giustizia.
Una società, una politica (e di questo vogliamo parlare) che si affida a un pensiero semplice e irrazionale presenta un'immagine priva di identità, sbiadita, fluttuante. Che, di volta in volta, prende a prestito uno straccio di fisionomia solo attraverso quell'altro macroscopico inganno che sono i sondaggi. Non solo in quanto truccati, e spesso lo sono. Non solo in quanto portatori di un vizio di fondo - non so neppure se del tutto sanabile anche concedendo la buona fede - che fa sì che il risultato dipenda in gran parte da come si pone la domanda, a chi, in quale contesto e via dicendo. Ma anche e soprattutto perché quell'opinione pubblica che si vuole consultare è la stessa che i media hanno contribuito in gran parte a formare ed è quindi, in ultima analisi, una consultazione su quanto fino a quel momento si è riusciti ad incidere sull'opinione pubblica, in ultima analisi una consultazione su se stessi. Un serpente che si morde la coda, per dirla con un neologismo del quale vanto il copywrite, un girotondo mentale. Tutt'altro che ciò che ci vorrebbero far credere. Ovvero una consultazione per sapere cosa pensa l'opinione pubblica in modo che poi i politici possano, diciamo così, accontentarne le istanze. Ma pur ammettendo che sia così, e così non è, sarebbe quanto di più scellerato. Come se un padre facesse un sondaggio fra i propri figli per sapere quale educazione preferirebbero avere anziché assumere la responsabilità di decidere ciò che per essi ritiene più corretto, o uno skipper decidesse di lasciare la propria barca in balìa del vento anziché dirigerla verso la meta prescelta. E' bene diffidare dell’adagio vox populi vox dei. La volontà popolare non è sempre buona e giusta, anzi spesso non lo è affatto. E non perché il popolo è bue, ma perché il "popolo" è, in genere, impegnato in altre attività professionali e la classe politica è da esso stipendiata per occuparsi di governare e non per verificare i pareri dei cittadini su come dovrebbe farlo. Il consenso è qualcosa che avviene a monte. Tu, politico, mi indichi un programma col quale ti prefiggi di raggiungere certi obbiettivi e se a me, cittadino, sta bene ti voto. Poi ci si rivede alle prossime elezioni e vediamo cosa hai fatto e se ti meriti che ti voti nuovamente.
Questo dovrebbe essere il rapporto corretto fra i cittadini e la politica in una società sana. E vedere politici, inclusi quelli del nostro schieramento, inseguire per tutta la legislatura Mannhaimer - come Kennedy, che aveva gusti migliori, inseguiva le attricette - è uno spettacolo alquanto deprimente.

retedeimovimenti@tiscali.it

 
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