1 novembre 2004

Tra reale e virtuale
(Lettera aperta a Padellaro)

di Marina Minicuci

Sito della Rete,
inviato a Aprile on line

 


Caro Padellaro,

mi hanno girato un articolo in cui lei si chiede che fine hanno fatto i “girotondi” lamentando che davanti a Montecitorio non ci fosse nessuno il giorno in cui questo governo ha approvato lo stravolgimento di 43 articoli della Costituzione.

Per cominciare, mi chiedo: perché l’Unità non ha fatto un appello per la convocazione di una manifestazione davanti a Montecitorio?

Vede, Padellaro, quello che hanno prodotto i girotondi (all’inizio eravamo un gruppo di nove persone a Roma e altrettante a Milano) è stato di mettere in moto mille altre forze e gruppi piccoli e grandi della società civile. Fare figli insomma e dare alle persone la consapevolezza che si può scendere in piazza a protestare. Già questo è moltissimo.

Ma c’è molto di più e qualcosa di questo “molto” glielo devo accennare per esplicita richiesta di alcuni nostri soci. Non lo farei altrimenti, non per spocchia, ma perché ormai il nostro dibattito politico si svolge interamente su internet e ci siamo abituati (ma non rassegnati) a considerare i pastoni della stampa (il movimento è carsico, i girotondi sono spariti, Moretti è tornato al suo lavoro...) completamente scollati dalla nostra realtà.

Sappiamo che come lei pensano anche molti politici del centro sinistra che tuttavia non sempre se ne rammaricano, ma spesso gongolano pensando di avere superato anche la fase (invero assai burrascosa per loro) dei girotondi.
Qualche volta però quello che si butta dalla porta ritorna dalla finestra e se il ritorno molti non lo vedono è solo perché le finestre – e quelle del suo quotidiano purtroppo non fanno quasi più eccezione- sono chiuse.

E tuttavia i girotondi che intende lei forse davvero non ci sono più per la lapalissiana ragione che tutto si trasforma. Ma c’è assai di più oggi in movimento dei “bei tempi” che si rimpiangono. E’ lo sguardo che non vede: uno sta cercando l’ago e non vede il pagliaio.

Lei, per esempio, sa che esiste la Rete dei movimenti? Il giornalista che normalmente segue i movimenti per il vostro quotidiano, lo sa, ma non l’ha mai scritto.

Lei sa che facciamo forum periodici (a volte abbiamo dovuto mandare via la gente perché la sala non aveva sufficiente capienza)e abbiamo chiesto ai giornalisti che si occupano delle pagine romane dell’Unità di metterci l’annuncio e non è stato mai pubblicato nemmeno un rigo?

Lei sa che alla Rete dei movimenti è stata richiesta un’audizione sulla disastrosa situazione dell’informazione in Italia e siamo stati (unica associazione) a colloquio col commissario ONU l’altro giorno? La giornalista che avete mandato a fare un’intervista al commissario lo sa, ma non lo ha scritto.

Lei sa che alcuni rappresentanti della Rete dei movimenti sono stati ufficialmente invitati dal governo Chavez per dare un contributo di idee all’incontro mondiale (aperto a solo 400 persone, premi Nobel ecc.) di “Intellettuali e artisti in difesa dell’umanità”? Lo trova sul nostro sito.

Lei sa che in varie province stiamo portanto avanti progetti coi Comuni di centro sinistra? Potrei continuare per pagine, ma mi sono limitata a dire solo le cose più recenti. E pensi che questo è solo quello che riguarda noi, della Rete dei movimenti, si figuri tutto quello che non si sa del lavoro delle altre associazioni. Per esempio, tutti insieme, abbiamo incontrato pubblicamente il candidato alla regione Lazio Piero Marrazzo il 18 ottobre, era la sua prima uscita pubblica. Non un un rigo sull’Unità, né altrove!

Qualcuno potrebbe dire “voi sarete di più ma la partecipazione è scesa”. Non lo credo affatto. Le cose vanno valutate secondo il contesto e non riferendosi a una realtà superata. Il contesto attuale è che la miriade di aggregazioni della società civile producono una grande quantità di iniziative su tutto il territorio e di conseguenza anche la partecipazione è frammentata. Questo fa meno spettacolo e quindi meno notizia, indubbiamente, ma non è necessariamente peggio. E’ una normale evoluzione. E in ogni caso, ammesso -e non lo credo- che vi sia realmente una crisi di partecipazione, in questo caso, la domanda che sorge spontanea è: se i giornali non informano sulle nostre iniziative come possiamo ovviare alla crisi di partecipazione?

La crisi del movimento dunque -se caso mai ci fosse - sarebbe più virtuale che reale. I movimenti sarebbero in crisi (virtuale) perché non hanno più visibilità mediatica mentre la nostra crescita (reale) è direttamente proporzionale alle devastazioni causate da questo governo e all’incapacità del centro sinistra di dare risposte chiare e univoche.

Infine una parolina sui nostri leader che secondo voi erano alcuni personaggi. Non ho alcuna voglia di sterili polemiche, dico solo che anche quelle incoronazioni erano più virtuali che reali. Se una guida morale e politica ha avuto il movimento questo stato Tom Benettollo. Lo sapeva? Tom si accollava gli oneri e rifuggiva gli onori. Pensi un po’ che persona era! Era dovunque nascesse qualcosa per incoraggiarla, dovunque potesse dare una mano, un sostegno. Dovunque. Spontaneamente. E se ne andava quando arrivavano le telecamere e la stampa. L’esatto contrario di quel che fanno i presunti leader di cui voi –non noi- lamentate la scomparsa.

Il movimento con la morte di Tom ha rischiato grosso, questo sì. Ci è venuto a mancare un muro portante e abbiamo temuto il crollo. Ma in queste tristi settimane senza Tom ci siamo accorti di quanto avesse seminato. Era un vero maestro Tom, di quelli che non ti accorgi che ti stanno insegnando perché lo fanno con l’esempio. E ha lasciato anche lui i suoi figli e tanti e ora sappiamo che ce la faremo a camminare anche con le nostre gambe. Non molleremo –come Tom ci ha insegnato- né con duemila e tantomeno con due persone al seguito perché sappiamo che il nostro compito è quello di tenere aperta la strada.

Facciamo come quei lucernieri -di cui parlava Tom- che vedono poco davanti a sé ma illuminano la strada di chi sta dietro. Ci occupiamo sempre meno di quel che si dice ai vertici o sulla stampa e molto di quel che percorre la nostra base (che nel nostro caso sono i soci e le mailing list). Poco a poco, come formichine cambieremo dal basso il modo di pensare imposto dall’alto.

Può starne certo, caro Padellaro, perché l’Italia è piena di gente che ha subito e subisce grandi ingiustizie e che non è capace di smettere di lottare per un paese, un mondo migliore.

Ora però, caro Padellaro, non la voglio lasciare così. Siamo tutti sulla stessa barca. Voi con l’Unità avete rappresentato in questi anni una speranza e avete fatto un lavoro grandioso, comprendiamo bene i problemi, tutto procede verso la normalizzazione, lo sappiamo. Ma proprio per questo dobbiamo tenerci stretti, almeno fino alle prossime elezioni, e allora le faccio una proposta che forse risolverebbe la momentanea incomprensione.

Affidate una rubrica settimanale sul vostro giornale, a rotazione, a tutti i gruppi organizzati. In modo che noi stessi si possa raccontare chi siamo, cosa facciamo e ciò che ci prefiggiamo. Credo che sarebbe anche un modo per ridare fiducia -a quanti l’hanno persa- che voi siete ancora al nostro fianco. Così eviteremmo grandi sviste e pericolose incomprensioni.

Un arioso e luminoso saluto: a finestre spalacate.

Marina Minicuci


retedeimovimenti@tiscali.it


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