10 gennaio 2005
 
Ritorno al Regime

di Roberto Mastroianni
 
Sito della Rete

 

 
 
Una delle caratteristiche del regime è l’assuefazione che provoca nei dominati: le storture, i diritti violati, la barbarie,che s’incarna nelle piccole cose e nelle pratiche giornaliere, diventano normalità.

Questa normalità, a cui anche le menti e le voci più libere non trovano la forza di opporsi perché determina il contesto delle azioni e dei pensieri politici, ci rende abituali elementi di vera sopraffazione ed arbitrio che come vittima prima hanno la dignità stessa dell’uomo.

L’esistenza del regime normalizzato torna palese, nel momento stesso in cui si verifica un mutamento del contesto, e quando questa consapevolezza di non vivere “in un paese normale”, ma in un regime si affaccia alla nostra percezione si prova un intreccio di sensazioni fisiche che vanno dal dolore al disgusto.

Questa è, pressappoco, la sensazione che mi ha colpito allo stomaco tornando in Italia dopo un viaggio di una decina di giorni in America Latina. Ero partito per il Venezuela con molti dubbi ed alcune speranze, ero partito per partecipare ad un incontro mondiale di intellettuali ed artisti in difesa dell’umanità, convocato a Caracas dal governo Bolivariano di Chavez e da alcuni noti intellettuali e come Saramago, Ramonet e Cardenal e quello che ho trovato è un processo di cambiamento che opera democraticamente per costruire un’alternativa al mondo del pensiero unico.

Una volta sbarcato all’aeroporto di Malpensa, avendo lasciato alle spalle quel laboratorio politico in piena fibrillazione che è l’America latina di Lula e Chavez, sono tornato al regime. Ecco quella sensazione che si materializza come un pugno allo stomaco: il disgusto che sale ed è rappresentato dalle pratiche del regime, pratiche abituali, apparentemente normali, che tornano ad essere eccezionali e barbariche a causa del mutamento di contesto.

Il mio primo re-incontro con il regime è stato un atto di ordinario razzismo perpetrato da uno dei solerti e difensori della razza, che dietro una barriera doganale impugnano la Bossi-Fini, i quali sono in grado di decidere del destino di individui a loro sconosciuti scegliendo tra i sommersi ed i salvati in base al loro passaporto.

Ho viaggiato, infatti, per ore su un aereo con una ragazza colombiana di colore che era diretta a Bruxelles per passare le festività natalizie con la sua famiglia, nelle ore passate in aereo molti sono stati i discorsi sull’America latina e su i suoi due figli, sul suo lavoro come segretaria in una clinica privata di Bogotà. La giovane colombiana spaurita e sperduta, incapace di comprendere altra lingua che non fosse lo spagnolo si è trovata allo scalo di Malpensa perquisita, fermata per tre quarti d’ora da un poliziotto, che studiando con una lente di ingrandimento il suo passaporto ha deciso di portarla via con sé, non dando alcuna spiegazione in merito sulla sua sorte.

Poco è valso il fatto che cercassi di fare da traduttore con il mio stentato spagnolo, poco è valso che io chiedessi spiegazioni in merito, poco è valso che dieci minuti prima lo stesso poliziotto non avesse prestato la minima attenzione al passaporto di una colombiana bianca, che era appena passata ai controlli senza che si eccepisse o le si chiedesse nulla.

Davanti alle mie richieste di spiegazioni l’unica frase che il poliziotto è riuscito a ripetere è stata: "lei è italiano, vada pure”, le mie proteste, il mio affermare di non essere un italiano, ma un cittadino europeo, le mie richieste di delucidazioni seppellite dall’arbitrio di un funzionario di stato armato della Bossi-Fini.

Subito dopo il secondo incontro con il regime: dalle pagine di Repubblica emergono le minacce di Mastella sulle candidature in merito alle regionali ed i meriti d un’Italia rinnovata che Berlusconi continua a vantare.

Il problema non è “il socialisco o la barbarie”, il problema vero è il regime, che è barbarie. Con un senso di impotenza ed amarezza, da giorni mi continuo a chiedere come è possibile che si sia permesso tutto ciò e cosa si aspetti a mandare a casa un governo populista, xenofobo e liberticida.


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