Lanciato
il Tribunale Mondiale sull'Iraq di Patrick
Boylan Avvenimenti 14
gennaio 2005
|
|
Due
eventi recenti hanno lanciato il Tribunale Mondiale sull'Iraq --
sessione Italiana sulla disinformazione da parte dei mass media --
che si terrà all'Università Roma Tre in
febbraio.
Il primo -- la conferenza stampa d'esordio
tenutasi il 14 dicembre a Roma presso la Casa della Pace -- è
stato un buco nell'acqua: nessun giornalista si è
presentato. Risultato scontato, secondo Jayan Nayar del People's
Law Program, uno degli
organizzatori. Come potrebbero i giornali e i TG accettare di
pubblicizzare l'accusa che ingannano il loro pubblico su quello
che succede veramente in Iraq? Soprattutto se l'accusa è
fondata.
La seconda iniziativa è stata una
Conferenza Preliminare -- riuscita -- il 17 dicembre a Palazzo
Marini (Roma). Presenti due giornali, un'agenzia stampa, una
discreta platea e tante personalità: Tana De Zulueta,
Elettra Deiana, Giovanni Franzoni, Domenico Gallo, Raniero La
Valle, Francesco Martone, Lidia Menapace ed altri. Scopo della
conferenza e degli interventi è stato quello di stabilire
l'illegalità dell'invasione americana dell'Iraq e della
successiva condotta delle truppe di occupazione -- premessa
necessaria per il Tribunale di febbraio sul ruolo dei mass
media.
Come testimonianza diretta, poi, Paola Gasparoli di
"Un Ponte per..." ha raccontato l'agghiacciante
trattamento che subiscono i civili iracheni a Baghdad e
soprattutto nei piccoli villaggi (in TV vediamo soltanto le azioni
contro i guerriglieri).
Un Imam venuto appositamente
dall'Iraq, Jawad al-Khalissi dell'Iraqi National
Foundation Congress, ha
asserito che le elezioni di fine gennaio -- che la TV presenta
come vittoria della democrazia -- sono in realtà una farsa.
Si potrà votare solo nelle zone dove gli americani hanno
fatto la loro "pulizia politica", arrestando,
imprigionando o uccidendo i civili ed i religiosi più
attivamente contrari alla loro presenza. Così vinceranno
sicuramente i candidati sponsorizzati da Washington -- ha concluso
l'Imam -- e pertanto bisogna boicottare queste elezioni per
denunciare l'imbroglio.
Nella sua qualità di
Eurodeputato, Giulietto Chiesa ha preannunciato un'interrogazione
al parlamento europeo a sostegno dell'appello dell'Imam: "Queste
elezioni non devono aver luogo se gli osservatori europei non
saranno ammessi per controllarne la regolarità. Gli
americani dicono che non ci sono le condizioni di sicurezza
necessarie. Ebbene, rimandiamo le elezioni fin quando non ci
saranno quelle condizioni. Ma niente osservatori, niente
elezioni."
Ma il messaggio più forte emerso
dal dibattito è stato quello della necessità urgente
di riprendere iniziative di massa per rompere il muro di
disinformazione intorno alla guerra. Le truppe americane ed
italiane stanno infliggendo immense sofferenze a popoli che non
hanno violato nessuna legge internazionale, che non posseggono
armi di distruzione di massa e che non hanno mai fatto atti di
terrorismo nei nostri paesi (anzi, sono sempre rimasti a casa
loro). E' chiaro dunque che le sofferenze vengono deliberatamente
inflitte per spezzare e sottomettere quei popoli, cioè per
colonizzarli, e non per proteggerci da loro.
Ma c'è
un altro motivo urgente per contrastare il tentativo dei nostri
governanti di farci accettare questa guerra attraverso
l'assuefazione, il logoramento e la disinformazione. Se passa la
politica colonialista/imperialista di Bush, altri governi di
destra vorranno imitarla. Domani l'India (che ha la bomba atomica)
potrà dire a Pakistan (che ce l'ha pure): "Vogliamo
tutte le terre che facevano una volta parte dell'India, almeno
quelle dove passeranno gli oleodotti afghani." E potranno
invadere il Pakistan per averle. Basta dire che il leader del
Pakistan è de facto un dittatore e che egli tortura il suo
popolo (cose vere). O che ha intenzioni bellicose e quindi bisogna
fare una guerra preventiva.
Ma anche l'Europa o la Russia o
la Cina potrebbero in un futuro non distante stancarsi di vedere
gli USA pigliarsi tutti i paesi petroliferi. (L'esercito americano
sta in Arabia Saudita da 15 anni. Ora in Iraq. Domani forse in
Iran.) Cioè, questi paesi potrebbero cominciare a fare la
voce grossa, seguendo l'esempio americano. Potrebbero addirittura
invadere uno dei paesi tra il Mar Caspio e la Cina che hanno
giacenze petrolifere poco sfruttate (per portare la democrazia,
naturalmente) prima che gli Americani ci mettano le mani.
Risultato: una rissa tra paesi colonizzatori, una volta alleati,
come un secolo fa -- ossia un gigantesco conflitto mondiale. Tutti
i paesi menzionati hanno la bomba atomica.
Fantascienza?
Speriamo. Intanto la BBC ha realizzato un documentario (Guerra
contro l'America) che
prospetta proprio questa eventualità: cioè, una
prossima guerra atomica combattuta non tra la Cina o la Russia e
gli USA ma tra l'Europa e l'America, per acchiapparsi le nuove
fonti di petrolio. Il Comitato per il Tribunale lo proietterà
alla Facoltà di Lettere dell'Università Roma Tre
(via Ostiense 236) il 14 gennaio, ore 17, aula 2.
Come
scongiurare questa calamità, per quanto apparentemente
remota? Per prima cosa, facendo azioni di protesta -- donde il
Tribunale di febbraio -- per far ritirare le truppe italiane
dall'Iraq e con ciò far lievitare i costi
dell'occupazione per chi rimane.
Azioni bastate, appunto, sulla rivendicazione principale del
Tribunale: che la disinformazione sistematica del governo e dei
mass media sull'Iraq costituisce un crimine che invalida le
delibere autorizzando l'invio delle truppe.
Come secondo
passo, esigendo una chiara presa di posizione sull'Iraq da parte
dei partiti in lista per le prossime elezioni. Non solo per il
ritiro delle truppe, ma anche per la gestione esclusiva
delle risorse petrolifere irachene da parte dell'ONU (non dagli
USA) in attesa della
costituzione di un governo iracheno democraticamente eletto. Non
va riconosciuta la consultazione di gennaio prossimo.
Queste
due mosse mirano (1.) a far alzare il costo dell'occupazione per
gli USA e (2.) ad eliminarne i profitti. In una parola, mirano ad
operare politicamente per far svanire il bottino su cui
l'aggressore contava: il petrolio (bottino materiale), le risorse
energetiche come mezzo di controllo sull'UE e sulla Cina (bottino
politico), l'impunità sulla scena internazionale (bottino
morale).
Questa, del resto, è la ricetta per
ristabilire la pace in qualsiasi situazione di conflitto e anche
per impedire guerre future: privare l'aggressore di un possibile
bottino. Niente bottino, niente guerre.
In ogni modo, come
mossa preliminare ed immediata va colpita la disinformazione che
ci rende tutti complici. Il Tribunale sull'Iraq
(www.wti-italia.org
e www.boylan.it/rete)
offre un'occasione per farlo.
rete_dei_movimenti@boylan.it
|