I PARTITI
POLITICI, FARE E AGIRE LA NUOVA POLITICA, QUELLA DEGLI "ATTORI
INFORMALI"
di
Daniela Degan
Loro,
gli uomini di partito, non ascoltano più le voci di
strada. I partiti, un tempo "le fucine in cui si formava
l'opinione pubblica, e in cui si elaborano le leggi", mi
sembrano alla deriva, ancora non hanno mostrato pienamente la
loro profonda lacerante debolezza, poiché in un regime
mediatico come il nostro, ricoprono le pagine di tutti i
giornali, nel bene e nel male, per unire o per dividere, per
odiare, per onorare, per ricordare, eppure sono tutti diventati
estranei alla risoluzione delle tematiche che oggi affliggono non
solo il nostro paese, ma avendo finalmente una visione di
insieme, tutto il nostro globo.
Se faccio una
affermazione del genere subito vengo ripresa dai solerti uomini e
donne di apparato, i quali sottolineano che l'organizzazione
democratica dei partiti è alla base e il presupposto della
nostra vita costituzionale.
Fino a poco tempo fa,
proprio per questa ragione e per non essere accusata di
qualunquismo, ho continuato a difendere il sistema partitico, ma
da un po' , non me la sento più, non dico che sono tutti
uguali, questo no, ma loro, i professionisti della politica,
quelli che sono capaci e che vogliono dimostrare che sanno
coniugare il verbo governare, si sono arroccati per difendere
solo ed esclusivamente i loro molteplici interessi.
Hanno
in sostanza dimenticato che l'art. 47 della nostra Costituzione,
così come lo leggo da un testo di Piero Calamandrei del
1947 – "Assemblea Costituente", sanciva che
"tutti i cittadini hanno il diritto di organizzarsi
liberamente per concorrere con metodo democratico a determinare
la politica nazionale", e se la lingua italiana non è
un opinione, visti i tempi attuali di dilagante ignoranza e
superficialità, i cittadini sono il soggetto, sono gli
attori che possono, che hanno il diritto di associarsi in partiti
e quindi partecipare alla vita democratica e politica del paese.
"Ma che cosa vuol dire metodo democratico?" La
scelta dei programmi e la scelta degli uomini e delle donne che
vengono chiamati per essere eletti è fatta in modo
democratico e partecipativo?
La storia ci ha insegnato
che, nonostante una buona Costituzione, quale la nostra, per
altro mai attuata in tutte le sue parti fino ad oggi, non è
sufficiente a garantire il senso elevato di Stato. Così,
stante anche l'assenza di una amministrazione efficiente,
rispettata e trasparente, i partiti, i poteri forti e la chiesa
si sono insinuati malamente, non solo nello Stato, ma anche e
soprattutto nell'intera vita pubblica, mettendo fuori gioco i
veri attori della vita democratica di un paese: i cittadini.
I
cives si sono sempre più allontanati dalla vita politica
del Paese, dimentichi che in una vera democrazia ci dovrebbe
essere lo spazio per agire e fare politica, sempre ed in tanti.
L'indifferenza è dilagata, così il senso profondo
dello Stato come bene comune si è perso.
Ma come
agire da attori della politica? Scriveva uno dei "maggiori",
Alessandro Galante Garrone " la riconquista della libertà
è il cittadino che riprende possesso della cosa pubblica".
Questo è il punto, la democrazia che vogliamo partecipata
deve essere cercata giorno per giorno nel quotidiano e "le
forze politiche informali" diventano sempre più
importanti, e "la politica si fa quando termina la giornata
di lavoro", la politica dei "non politici" che
come sottolinea anche Bobbio, non ha niente a che vedere con la
politica dei politici, così come la vediamo svolgere sotto
i nostri occhi sempre più indifferenti ormai da anni.
Sono le "ore di straordinario per la democrazia" che ha
sottolineato la mia amica attivista Chiara Cavallaro.
Il
libro di Giulio Marcon "Come fare politica senza entrare in
un partito", edito da Feltrinelli, ci porta per mano nel
mondo dei protagonisti della politica diffusa, i quali, tentando
di depotenziare la politica tradizionale, allontanando il rischio
dell' "abbraccio mortale" tra le due politiche,
ricostruiscono il tessuto sociale e solidale tra i cittadini,
attraverso proposte, nuovi strumenti, formazione e tanta
concretezza. Tutto questo in modo autonomo dalle forze politiche
tradizionali. Pregio notevole del libro è l'obiettivo
pratico. Il testo, in modo molto chiaro, offre una serie di
indicazione pratiche da attuare nei luoghi più vicini ai
cittadini che sono i municipi, i comuni, le province, il
quartiere, partendo dal basso. Le indicazioni contenute sono
state vissute da molti di noi e chi legge può riconoscersi
negli stessi esempi, oppure fare propri i suggerimenti in esso
riportati.
Altro aspetto, più politico, riguarda la
riflessione su quello che già si è realizzato e
quello che si può e si deve ancora raggiungere in forme
sempre più diffuse, ridando speranza a quelli chiusi nel
guscio del loro stesso malessere, voluto dall'attuale sistema
dominante. Per molti cittadini manca ancora l'idea che si può
fare, agendo nel proprio piccolo. Tuttavia non siamo ancora in
presenza di quell'allargamento necessario a far sì che si
attui una maggiore diffusione di questo meccanismo semplice, che
se applicato con numeri consistenti tali da formare "massa
critica", permetterebbe di riprendere quello che è il
nostro diritto di attori principali della vita politica ed il
nostro spazio di responsabilità. Il libro lo chiarifica
con proposte, in parte già realizzate, in parte da attuare
con equilibrio. Un libro "per" e non "contro".
Si
potrebbe anche scendere più a fondo con l'aiuto delle
seguenti letture:
Alessandro
Galante Garrone – Il mite giacobino – Donzelli
Editore Piero Calamandrei - La Costituzione e le leggi di
Antigone – Scritti e discorsi politici - Sansoni Franco
Gesualdi – Rivista Carta n. 6 /2005 Nodi della rete Saskia
Sassen – A mano disarmata nelle metropoli - Cultura de Il
manifesto 29.01.2005.
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