Da Aprile, Aprile 2005

Attenta alla Rete.
di Marina Minicuci

 

 


 
Nel settembre del 2004 la Commissione Federale per le Comunicazioni degli Stati Uniti chiuse numerose radio comunitarie in tutto il paese e l'FBI chiese che Indymedia rimuovesse un messaggio che conteneva le foto di alcuni agenti della polizia svizzera sotto copertura.

Ma il caso che farà il giro del mondo, almeno quello del web, l’unico mezzo dove è oggi possibile approvigionarsi di informazione corretta, pur in mezzo a tanta spazzatura, accadde il 7 ottobre scorso. Rackspace -sede inglese del provider statunitense dove risiedono i server che ospitano molti dei siti locali di Indymedia, compreso quello italiano- scollega dalla Rete Indymedia, per ordine dell’FBI e senza nemmeno previo avviso.

Indymedia ed altre organizzazioni di media indipendenti hanno vinto importanti cause contro tali abusi. Le più significative: quella contro la Diebold (compagnia che fornisce sistemi di votazione elettronica, coinvolta nei conteggi scandalo delle ultime elezioni USA) e contro il “Patriot Act” che è una legge che consente all'FBI (in nome della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo) di monitorare, senza richiedere l'autorizzazione della magistratura, la corrispondenza elettronica, la navigazione sul Web, e perquisire le case dei cittadini americani e non, negli Usa e all'estero.

Inquietanti campanelli d’allarme che non dovremmo trascurare mentre ci occupiamo delle nefandezze della televisione che è ancora il mezzo di informazione più diffuso, pur già tramontato. Perché nel frattempo gli attacchi al web continuano, anche se in forme più sofisticate, meno visibili. E’ in corso, per esempio, una capillare denigrazione delle newsletter, arrivando a compararle col terrorismo.

La scusa ufficiale è lo spam - veramente fastidioso - però stiamo attenti perché fingendo di proteggerci da messaggi indesiderati in realtà si vuole mettere le mani (controllare) sull’unico mezzo di informazione di massa fuori dal controllo globale.  La trappola nella quale non dovremmo cadere è qualcosa che appare ragionevole e cioè il concetto, sempre più diffuso in Internet, della “guerra contro lo spam”, al punto che la maggior parte degli antivirus cancellano gli archivi di alcuni programmi che inviano newsletter e si comprano in internet.  Si parla di sanzioni per violazione di una legge sulla privacy che ancora non è chiaro quale sia.  Ma anche chi invia posta elettronica sollecitata è talvolta bloccato in “liste nere” senza che l’utente ne sia a conoscenza.

Evidentemente questo, al momento, non sembra toccare i piccoli utenti come noi. Intervenire su uno qualsiasi dei nostri siti o delle nostre newsletter avrebbe una risonanza maggiore del fastidio che l’informazione che facciamo circolare può dare. Questo però non può esimerci dallo stare all’erta e rifiutare qualsiasi forma di censura anche quando mascherata da beneficio per l’utente.  Internet è l’unico mezzo effettivamente democratico e libero che abbiamo e per di più in continua espansione.  I grandi interessi economico-politici hanno ben compreso che ciò rappresenta una concreta minaccia per il futuro del loro dominio, è necessario che lo comprendiamo anche noi rifiutando energicamente qualsiasi misura volta a restringerne la libertà.
 

(dal www.aprileonline.info)




 
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