Da Aprile, Maggio 2005

Venezuela: laboratorio di una alternativa democratica.
di Marina Minicuci

 

 


 
Se parliamo tanto del Venezuela, un paese lontano da noi, non solo geograficamente, è perché oggi è proprio la Repubblica Bolivariana Democratica e Rivoluzionaria del Venezuela il più grande e significativo laboratorio di una alternativa democratica al neoliberismo, di quell’altro mondo possibile.

Oggi quindi rivolgeremo lo sguardo alla legge di riforma della comunicazione in quel paese, per attuare la quale si è partiti da alcune considerazioni logiche, però non scontate e tanto meno diffuse circa tutto ciò che non si deve fare.

Non si può pensare di risolvere il problema dell’informazione in mano a pochi grandi centri creando altri poli informativi uguali a quelli esistenti ma in mano ad altri centri di potere, non è un problema di altra egemonia ma di come, a livello di movimento, si può costruire una piattaforma comunicativa che dal basso garantisca democrazia nella comunicazione. Non si può attuare un reale cambiamento socio-culturale se la parola è monopolizzata dall’altro, per costruire tutti insieme la società che sogniamo ciascuno deve avere uno spazio per esprimersi, altrimenti qualcun altro effettuerà il cambiamento al nostro posto.

Inoltre, se l’informazione è un diritto civile non deve stare dentro il mercato, facendosi dettare le regole da esso.

Il problema quindi non è di avere più pluralità e più concorrenza - plus ça change et plus ça reste la meme chose - più “spazzatura” ancora dell’assillante bombardamento quotidiano a cui siamo sottoposti, ma è avere una migliore informazione. Ma migliore per chi? Per la sinistra, per la destra, per il centro, per Tizio o per Caio? No, per tutti. Vediamo allora come si è pensato di procedere in una vera democrazia partecipativa, un vero governo del popolo plurale e democratico, per costruire una piattaforma che, dal basso, garantisca democrazia nella comunicazione.

Anzitutto creando gruppi comunitari di produzione audiovisiva indipendente che non dipendono da nessuno e hanno una sola linea editoriale data dal rispetto dei diritti umani, dal rispetto di genere, dall’antirazzismo. Ciascuno si rende personalmente responsabile di ciò che dice o fa.

Ogni collettivo è un laboratorio plurale. Non si partecipa in prima persona, individualmente (per diventare, per esempio, un cineasta) ma per produrre insieme agli altri, spesso con esegui mezzi, talvolta con nessuno. La radio o la tv è un nucleo piccolo sul modello dell’esperimento delle telestreet italiane.

Essere un media comunitario prevede che l'80% della produzione non la faccia il mezzo di informazione ma i produttori indipendenti così da avere una separazione tra il mezzo ed il messaggio: chi controlla il mezzo non può produrre anche il messaggio in esclusiva. La stessa legge stabilisce che i media comunitari abbiano il dovere di far crescere la popolazione, compresi coloro che non sono coinvolti o interessati al processo rivoluzionario in atto, attraverso la storia e i diritti comuni a tutti i venezuelani.

La produzione della comunicazione si esercita, fra l’altro, dall’interno delle case, da parte degli anziani, degli adolescenti e in ogni singolo interesse di ciascuno e tutti i collettivi.

Questa stessa pluralità, garantisce inoltre l’assenza di censura, non é infatti necessario tagliare un programma se non sei d'accordo perché puoi fare una tua produzione, o dire la tua all’interno di essa, affermando un altro punto di vista. Quindi, convivenza e condivisione anche se non siamo tutti d’accordo poiché ciascuno ha lo spazio per manifestarsi.

Sembra un’utopia e invece è già diventato un notevole grattacapo per i mezzi di informazione tradizionali che vedono progressivamente diminuire la propria audience e quindi la pubblicità. Vi è poi un'autentica esplosione, oltre a radio e tv, di giornali di quartiere con circolazione di decine di migliaia di copie. Code infinite di cittadini per partecipare ai laboratori delle varie radio o tv, e chi vi partecipa molto spesso vuole replicare quell’esperienza e così la proliferazione di mezzi di comunicazione è in continua crescita così come le connessioni e gli scambi fra i vari laboratori.

Infine, è importante saperlo, il processo di cambiamento radicale è stato certamente favorito dal governo di Chavez ma ancora prima era stato innescato dagli spettatori, specie quelli dei ceti più popolari, che furono i primi a ribellarsi alla (dis)informazione, facendo scendere l’audience (ovvero spegnendo la tv o la radio) fino a mettere in atto un vero e proprio boicottaggio ai mezzi di comunicazione tradizionale. Come dire, forse un po’ banale, ma non per questo meno vero, el pueblo unido può fare miracoli.

Abbiamo molto da imparare.

(dal www.aprileonline.info)




 
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