Da Aprile,
Giugno 2005
Ridurre
i cittadini al silenzio. di Marina
Minicuci
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Grazie
a tutti i compagni che si sono impegnati nella lotta referendaria
che è stata durissima perché i partiti ci hanno
lasciati soli e per la prima volta nella storia contemporanea il
Vaticano non ha solo fatto le consuete manovre più o meno
sotterranee e manipolatorie, ma una vera e proprio campagna
mediatica con i potenti mezzi di cui dispone.
La cosa più
pericolosa che può succedere ora alla popolazione attiva è
che si fiacchino ulteriormente gli animi. E’ quello che ha
dimostrato di volere quasi tutta la nostra classe dirigente
nonché i vertici Vaticani. Ridurre i cittadini al
silenzio, un popolo accucciato, sfinito. Sudditi.
Questo
lo dobbiamo e lo possiamo impedire. Dipende da noi, da tutti
noi. Niente è scontato. Lo abbiamo visto anche
recentemente in Venezuela e in Bolivia dove i cittadini uniti
senza mezzi di informazione e contro tutte le oligarchie mondiali
sono riusciti a far valere le proprie ragioni. E se queste
latitudini le sentite troppo lontane, aliene, parliamo della
bocciatura del Referendum sull’Europa in Olanda e in
Francia, dove il popolo ha detto no a una Costituzione
illiberale, clericale, antidemocratica, totalitaria. E l’hanno
detto soprattutto i giovani, i precari e gli intellettuali. Cioè
chi sa di non avere futuro in questa europa , chi paga di persona
e chi ha conoscenza di quel che accade. In sintesi: tutte le
persone consapevoli.
E in Spagna, dove un governo ha
fermamente ribadito il proprio essere Stato laico e sovrano e
l’ha spuntata sulla disumana “etica” vaticana.
Direte che in questi casi c’era una classe
politica, di governo o opposizione, ad opporsi insieme ai
cittadini, mentre noi siamo soli (come lo erano i venezuelani e i
boliviani). E’ vero. Ma non per questo ci dobbiamo
arrendere, anzi proprio per questo dobbiamo essere ancora più
determinati e sapere che il futuro dipende da noi. Da tutti noi.
Dipende da quello che faremo oggi, domani e dopodomani.
E
quello che faremo dipende da come vediamo il mondo e come
valutiamo le possibilità disponibili per il futuro. E ciò
dipende a sua volta dai nostri pensieri, i nostri desideri e le
nostre paure. Perde solo chi si arrende e noi non ci dobbiamo
arrendere ma al contrario rafforzarci per una lotta che si fa
ancora più dura ma che soprattutto deve cambiare connotati
e con essi il nostro stesso modo di procedere.
Per quanto
riguarda i referendum la questione non è che siccome da
dieci anni non raggiungono il quorum non vale la pena di farne
altri. La questione è invece che è ingiusto che vi
sia un quorum.
Non c’è per nessuna
consultazione che preveda una tetto di elettori votanti per
essere valida. Per qualsiasi elezione deve valere lo stesso
principio democratico: chi partecipa decide e chi non partecipa
si sottomette alle decisioni altrui. Questa è fra l’altro
un’eccellente maniera per responsabilizzare gli
assenteisti.
Il proclama lanciato da Ruini è
dunque illiberale. Dire che un astensione vale due voti equivale
a dire che facciamo carta straccia del principio democratico su
cui si fonda la democrazia: “una testa un voto”.
Dunque la nostra battaglia deve essere volta a eliminare il
quorum perché il referendum popolare (come la parola
stessa dice) è l’unico strumento che ha il popolo
per opporsi a leggi che non condivide. E le battaglie
referendarie che dovremo fare in futuro sono molteplici e vitali
per la nostra democrazia.
L’altra lezione che
dobbiamo trarre è che viviamo nell’eclissi della
ragione e quindi il mondo non lo cambieremo (salveremo) solo con
la ragione. Non lo cambieremo cioè opponendo solo ragioni
razionali a campagne emotive e irrazionali. Il mondo si cambia
(salva) con la radicale resistenza a tutto ciò che è
ingiusto e lo avvelena. Non con compromessi e inciuci o anche
solo ammiccamenti e debolezze o “sconti”
all’integrità. Il mondo si cambia (salva) con il
pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà
- come diceva Gramsci.
La terza lezione che dobbiamo
trarre è che le associazioni e i movimenti per continuare
a vivere devono cambiare. Le argomentazioni solo politiche e
razionali se mai sono servite ora non servono più. In
questi quattro anni troppe cose sono cambiate e di conseguenza
anche la nostra battaglia deve assumere altri connotati.
Deve
progressivamente abbandonare il campo squisitamente politico per
volgere lo sguardo a quello culturale. Abbandonare la campagna
laica su concetti astratti e percorrere una battaglia di etica
umanistica, dell’armonia fra ragione e emozione.
Ristrutturare la cultura per ristrutturare la politica.
Ogni
associazione si faccia carico con mezzi, modi e competenze di cui
dispone di diffondere cultura e democrazia nelle scuole e in
tutte le realtà a noi accessibili. Cambi il suo profilo,
quando è di associazione politica, in quello di
associazione culturale, per fare almeno in modo che in futuro la
popolazione italiana sia almeno altrettanto consapevole che
quella francese, olandese, venezuelana o boliviana. Dipende solo
da noi. Da tutti e da ciascuno.
(dal
www.aprileonline.info)
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